Federico ripensaci


Abbiamo brindato tutti, disegnatori, autori di vignette, polemisti, satirici; ci siamo abbracciati, baciati, ubriacati di gioia quando abbiamo appreso il tuo sodalizio con Morgan: una coppia perfetta, un’iperbole di follia, il big bang di due nullità che esplodono in un universo di puttanate. Ci siamo illusi per poco perché subito il tuo grigiore ha raffreddato quell’atomo che stava per scindersi ed esplodere incendiando una campagna elettorale che ci dovrà far ripiegare su vecchi temi tristi e triti: il filobus perso alla prima fermata, la distruzione sistematica di quel poco di verde rimasto ancora in città, la grande figura di merda con il congresso delle famiglie, per non parlare della candidatura a capitale della cultura dove ti sei piazzato all’ultimo posto dopo Badia Polesine. Ci tocca ritornare sulle amicizie nazifasciste, sull’acquisto della casa in centro alla faccia della crisi, sulle farse dei tagli dei nastri per opere già fatte da chi ti ha preceduto e sulle altre cosucce da sindaci che non ci fanno più ridere.
Avevamo abbozzato già mille idee, fantasiose, fresche, colorate e tu, come sostiene l’altro tuo sodale Vittorio Sgarbi, ti sei cagato addosso alla prima scorreggetta.
Ripensaci Fede, fallo per noi, per la nostra voglia di lavorare finalmente sopra le righe: abbi un sussulto di coraggio e, per una volta almeno, non farci rimpiangere Grugnolo.
Quelle e quelli del L’ombroso

L’ombroso trentasei: putrenefandezza

Se l’estate passata non vi ha putrefatti, vi putrefarà l’estate prossima, e se non sarà la prossima perché siete ancora freschi e bagnati di vulva materna, beh, sarà quella dopo o quella dopo ancora, ma prima o poi potete stare certi che ne verrà una abbastanza calda e marcia da ridurvi a una bisteccona con l’osso maleodorante.
Questa è la buona novella che il nuovo esclusivo, energizzante, balsamico e costruttivo ultimo numero de L’ombroso porta alle genti di buona volontà che non sono ancora stufe marce di respirare i miasmi della più disgraziata delle province.
Un numero che puzza solo a sfogliarlo, un numero che sa di vecchio, senza uno straccio di nuove idee, dove nascoste nella merda troverete avare e preziose facezie che forse potranno strappare un timido sorrisello, per la vostra irresponsabile allegria e per la lucentezza dei nostri capelli. Un numero che è il fedele specchio della città, perché ogni cittadino che abbia uno straccetto di onestà intellettuale non può non rendersi conto di essere un verme dentro a una carogna, e per quanto ci si sia infilati una rama di menta biologica nel naso e un pacchetto di incensi Nankako nel culo, non ci è possibile non sentire questo pungente odore di fogna vecchia che aleggia per le strade dei nostri quartieri.
– Il puzzo lo si sentiva già da giorni – diranno i vicini, e infatti le mille pantegane avranno fatto tempo a farsi fuori tutta la carne e la coratella quando i vigili del fuoco troveranno la città riversa nei suoi escrementi con l’identità spolpata fino all’osso dai cani integralisti. Perciò, di male in peggio, sorbitevi quest’altra fetente scoreggia premonitrice della redazione più clandestina e simpatica di Veronda, inalate a pieni polmoni l’afrore di questo fragrante numero 36.
 
In questo numero:
 
– È possibile caramellare la putrefazione?, di Max Brododidado
– Il grave fenomeno del bullismo procariota, di Fabiana Inculamorti
– Necromantico, di Lord Scoppiafica
– Scene di lotta di classe al Marcantonio Putrefaglia, di Silvio Fato
– Speciale Corea del Nord
– Deep Provincha, di Sacapoche
– Capire le sacre scritture: Genesi 28-30, Fertilità e sputi, de Il Miserabile Jean
– El Malmostoso, di Pastis Abeba
 
Un numero bello perché guarnito di decomposizioni artistiche da un manipolo internazionalista di facitori di figurine illustrate.

Charlie Akbar!

Charlie Hebdo

Oltre alla tristezza, la rabbia di vederli diventare involontari martiri senza diritto di replica, paradossalmente trasformati in un’icona da quegli stessi squallidi individui a cui spesso indirizzavano le loro corrosive invettive quando erano ancora in vita. Vittime sacrificali utili per chi ha sempre nutrito la bestia del fondamentalismo, per chi ha fatto dell’appartenenza identitaria una bandiera da sventolare sopra i morti, fomentando ancora una volta odi, cavalcando razzismi e giustificando stermini per preservare la propria ipotetica, ridicola purezza.
Quando invece li si sarebbe volentieri sbeffeggiati ancora e ancora. E ancora.
Non ci sono poteri buoni.

Un saluto, maestri.

Quelle e quelli de L’ombroso.

Dottore dal buso del cul

Il ruffiano, l’impunito e la noiosa routine scaligera

fuffaAdesso aspettiamoci le lamentele di quella parte di veronesità (alla quale sarebbe ora di chiedere il patentino identitario) che piagnucolerà della solita aggressione a sfondo fascista. Per carità.
L’altra sera si è trattato di un innocuo corollario ai festeggiamenti di laurea da parte di quella Verona bene che studia, non si perde in tante chiacchiere fumose e ha capito come si sta al mondo.
Cosa saranno mai quattro sberle, due minacce, qualche saluto romano etilico… goliardate! Un rito di iniziazione della meglio gioventù, che sta per fare il suo ingresso nell’accogliente, per loro, società veronese.
Ma poi, se fossero così pericolosi, la polizia li avrebbe lasciati andare via impuniti, dopo aver provocato e sfasciato due locali a Veronetta?
Su, ragionate.
Ragazzate. Il giornale campione di equidistanza ce lo confermerà, siamo pronti a giurarlo: è stata la solita rissa bipartisan. Giovinotti vogliono farsi l’ultimo bicchierino in postacci frequentati dai centrisociali, ovvio che scatta la rissa no?
Come dite, sono gli stessi giovinotti che hanno impedito poco tempo fa una conferenza all’università con un’azione squadrista? Si vede che avevano le loro buone ragioni. E infatti il rettore vuole punire il docente che ha concesso l’aula, mica loro… ci sarà un perché.
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Liebe liebe liebelei, è un disastro se te ne vai

papaIn queste ultime settimane non sono mancati fatti e notizie degne di essere rilanciate all’attenzione dei nostri lettori e dell’umanità tutta, ma il panorama è tale che intendendo per una volta portare un po’ di serena allegria e di speranza nei vostri cuori martoriati – rinunciando a rivolgere lo sguardo ai cupi panorami della nostra città e del nostro paese – abbiamo dovuto espatriare in quell’esotica Nazione Teocratica che è il Vaticano.
Perché mentre l’italietta perde il suo tempo a sbranarsi su interessi personali e a inscenare pagliacciate nelle piazze e nelle televisioni allo scopo di rimanere sempre identica alla propria caricatura, in Vaticano zitti zitti si fa la rivoluzione. E se nella vicina Roma l’omofobia dilaga negli angusti cuori dei più impauriti, il Pastore Tedesco pone una lapidaria, clamorosa e definitiva conclusione a quella che fra alcune centinaia d’anni verrà ricordata come la più grande storia d’amore di tutti i tempi.
È fresca infatti la notizia che padre Georg accompagnerà l’ex Vescovo di Roma nella sua clausura. Non vogliono più sentire parlare di nessuno, il mondo l’hanno chiuso fuori da quelle mura, le briciole sul letto, il telefono spento, un calcio alla tv. L’amore trionfa.
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L’immaginifico Erre

tumblr_lgodobgNlz1qz9v0to1_500La cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico è stata quest’anno l’occasione per il magnifico Mazzuccone per spremersi dalle meningi alcune formidabili riflessioni, a dimostrare il fatto che per quanto aspre e dolorose siano le circostanze, qualche forma di vita ancora alberga nella sua animuccia bella.
Il nocciolo dunque di questa bella pensata del magnifico Mazzuccone è che non ci sono più denari nella cassa. Non è molto, come pensiero, ma è pur sempre un pensiero e, se si vuole, nobilitato anche dalla preoccupazione del buon padre di famiglia che si cruccia del futuro.
La cerimonia si è poi mestamente conclusa quando il magnifico si è messo una corona sulla testa con delle figurine di donnine nude, o qualcosa del genere, roba da far piangere un cuore di sasso come il mio.
A ogni modo, poiché per sapere che la pila è finita non c’è bisogno che si scomodi il magnifico, basta chiedere in giro per la strada, fuori dal centro storico, e chiunque confermerà l’imbarazzante circostanza, tanto più che il magnifico Abbondio avrà presto finito di preoccuparsi dei poteri, degli intrighi e dei ricatti, perché tra pochi mesi si andrà a godere la sua lauta pensione impippandosene bellamente delle casse prosciugate (altrimenti non si capirebbe perché ha votato per Flavio Berlusconio negli ultimi vent’anni), a sopperire a tale sconsolante mancanza di interesse verso le sorti della baracca, ci permettiamo di suggerire un ardito e onestissimo programma al magnifico Mazzuccone, da portare a compimento entro gli ultimi tre mesi della sua tremebonda, controproducente e vigliacchissima reggenza:
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Un Welponer nel paese delle meraviglie

In realtà noi non sappiamo in che paese viva quel giovane Welponer che per futili motivi è stato massacrato di botte sull’autostrada da un rappresentante regionale dei sindacati di polizia e dai suoi colleghi. Ma potevamo immaginare che almeno lui lo sapesse. Invece non è così. Certamente non legge L’ombroso, ma probabilmente non ha letto neanche un quotidiano negli ultimi quindici anni. Perché questo malcapitato era evidentemente convinto di vivere in un paese civile, dove quando una macchina col lampeggiante ti chiude la strada e ti fa accostare sulla corsia di emergenza è normale chiedere agli armadioni in borghese che scendono sputandoti addosso, chi siano e con che diritto. E magari, beata innocenza, di fronte all’aggressività automobilistica pare pure normale estrarre il cellulare per chiamare le forze dell’ordine.
Ma nel paese dove viviamo noi bisogna veramente avere le fette di costituzione davanti agli occhi per non immaginarsi che in realtà le forze dell’ordine sono già arrivate, e non vedono l’ora di combattere le ingiustizie e raddrizzare i torti.
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Il bon ton del razzista

Leggiamo con grande sorpresa un articolo sulla nostra fedelissima L’Arena in cui il degno primo cittadino di questa città dell’amore mercificato accusa uno screanzato presidente di società aeroportuale di maleducazione.
Ora, non è che noi si abbia proprio il buon tempo di andarci a leggere tutte le cazzate che vengono pubblicate dai giornaletti di provincia e certamente ci siamo ben guardati dall’entrare nel merito della questione, che immaginiamo comporterà qualche interesse economico, altrimenti al sindaco di solito se non c’è da fare affari gli frega un cazzo di niente e non perde tempo a rilasciare dichiarazioni ai pennivendoli.
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E le banane, quanto vengono?

«Ai piccoli borghesi, piccolo risparmio, poca speranza, piccoli commercianti rapaci, greve plebe ammansita, occorre un parlamento mediocre che amministri e sintetizzi tutta la bassezza nazionale. Fate la camera a vostra immagine. il cane fa ritorno al suo vomito, voi ai vostri deputati»
Zo D’Axa, 1893

Al mercato dei voti, sconti e buffet a volontà.
A giudicare dal numero di occasioni mondane dove, tra un’oliva e una fetta di bondola, melliflua si insinua la richiesta di una preferenza, pare che pochi storcano il naso all’idea di essere comprati (insieme alla propria dignità e al futuro di chi verrà dopo di loro…) con un pacco di pasta, ‘na renga, uno sprizzato annacquato.
Una comunità di beati idealisti siamo.
La speranza di una una città più a misura di uomo che di speculatore – sostenibile, accogliente, felice – si arena davanti alla promessa di uno sconto del 10% sui pomi se verrà eletto il figlio del fruttarolo.
A noi ci viene da dire, con un distacco un po’ snob come solo degli agenti al servizio dell’ombra che hanno scelto la vita clandestina si possono permettere, che molti di voi questa città se la meritano alla grande.
E non preoccupatevi, se poi vincerà la continuità, gli aperitivi offerti in cambio del vostro voto verranno adeguatamente ripagati dalle previste opere di compensazione, sperando magari di bissare e pure superare il record di 18 milioni e mezzo di euro di multe erogate da eccessivamente ligi vigilantes urbani nel 2011.
Bravo gregge, belare poco, brucare il brucabile e sopra di tutto leccare la mano al tosatore.