L’ombroso cinquanta: un numero che nello spazio profondo nessuno può sentirti smadonnare

Compiendo il cinquantesimo numero sottoposto per legge divina alla vaccinazione contro la variante digamma, ecco nuovamente in pasto alla brama delle vostre stanche pupille L’ombroso, avvolto in un’aura di maturità che mai così l’avete visto prima. In occasione del fantascientifico EXTRA sci-fi festival Verona, proiettato nel più becero futuro eppure sempre scevro d’ogni risentimento, puro e ingenuo come solo il Professore sapeva essere, il vostro giornaletto di satira maxillofacciale preferito in nuova veste e formato vintage (do you rimember old times in bianco e nero?)! Periodico come il ciclo di una cinquantenne che sembra sempre debba essere l’ultimo e invece inesorabile come la putrescenza delle vostre carni, Amazing L’ombroso rinnovando il formato ribadisce l’alto profilo, ambisce, ammicca, ma sempre disposto a ogni miseria, a ogni umiliante gioco di parole, a ogni drammatico compromesso per un vostro sorriso…
A questo giro si propone alla vostra ammirata stupefazione di bimbi indossando un caschetto di carta stagnola per raccontarvi tutto quello che c’è da sapere sul futuro dell’antropocene, dopo la Grande Abolizione.

In questo numero:
– Un numero cinquantico, de Il Miserabile Jean
– L’ultima profezia del Meazza
– 2084, di Giovanna Darko
– Gli scorticatori, di Candy Okan
– L’abolizione 126, di Alì Tosi
– Crociata galattica, di Max Brododidado
– Barbagianni, di El Gefri
– La grande miola, di Tex Pussy

Ma nulla sarebbe senza l’apporto olografico dei migliori vergatori iconici sopravvissuti alla Grande Abolizione!

Perciò correte nei migliori punti di distribuzione della città a procacciarvi questa copia da collezione che, a parte l’aria sporca che tutti i giorni scroccate al mondo, è l’unico bene materiale veramente gratuito che vi è ancora concesso.
E che le guerre rimangano solo stellari e al cinema.

Roj!
(“Pace” in klingoniano)

L’ombroso quarantanove: un numero sporato

Ricordate il tempo d’oro in cui ci si sputacchiava liberamente comunemente gratuitamente in faccia senza vaccino come una bella comunità coesa? Erano invero tempi che sapevano di feci fresche eppure eccoci qua a rimpiangerli, disposti a ogni bassezza per riconquistare il nostro bel passato.
Altra fiamma più non arde nel cuore della nostra redazione che il ricordo dei tanti momenti felici vissuti insieme alla nostra ingenua civiltà, alla nostra solidale comunità, ora rimaniamo qua nelle confortevoli catacombe dove solo nel mezzogiorno del solstizio per pochi minuti può penetrare solingo un raggio di sole che subito spaura e si fugge alla vista orrenda e miseranda degli spelacchiati redattori ammuffiti dalle tenebre diuturne, dall’umidore del fiume malsano che nella caverna trasuda gocce barbute di salnitri pregni di spore di leptospirosi.
Venite o lettori, annusate a pieni polmoni i miasmi della nostra muffa. Abbracciateci, abbracciamoci, ammuffiamo uno sull’altro in questo senso profondo di comunità tra noi e i nostri lettori, tra noi e la nostra perspicace, lucida civiltà, tutti ammucchiati per ammuffire fino a che di noi non rimanga che un torsolo putrescente e le nostre carni siano rimesse al metano al magnesio e al potassio come noi rimettemmo in vita ogni singola flatulenza, amen.

Ecco dunque a voi il più ammuffito e mirabolante aperiodico di satira di tutta la città, vedrete che fin dalla copertina i vostri occhi cominceranno a orlarsi di muffa ma se saprete resistere al tanfo ci troverete ancora.
Insieme a una quantità esagerata di iconiche cromie, incluso un posterone che avercene – forse per l’ultima volta nello splendore di questo formato che ci ha sformato le tasche – potrete leggere:

– Il secolo verde, de Il Miserabile Jean
– From the Fecal Banks of Adese, di Candy Okan
– Essere di pietra ma sentirsi di merda, di Giovanna Darko
– Biancaneve e i sette nani della Valpolicella, di Lord Scoppiafica
– Lamento del boomer, di Alì Tosi
– Ragamuffa, avariati in sala prove, di Quel Brutale Finalmente
– Quando non sapevo cosa raccontare a un primo appuntamento, raccontavo sempre questa storia, di Fedele Castro
– Generazione M. Puoi definirti un vero veronese giovane? di Tex Pussy

Che aspettate dunque? Non sentite il prurito di sfogliare senza impegno il nostro giornalaccio dalla carta umida e puzzolente? Correte a cercarlo nei soliti posti e naturalmente lasciate pure che nella cassettina degli oboli continui a proliferare soltanto nient’altro che muffa.

L’ombroso quarantotto: un numero per non dimenticare

Per non dimenticare in particolare la figura da cioccolatai che la nostra benemerita città ha voluto trionfalmente aggiungere al suo palmares nel candidarsi a capitale della cultura italiana. È chiaro che ai promotori della delirante iniziativa, il cui unico reale scopo fu forse, previ accordi privati, il saldo di qualche profumata fattura ai consulenti laureati, sfugge il significato del lemma “cultura” che sottende ad ampie e articolati talenti e competenze che palesemente la città non è in grado di coltivare, anzi tende piuttosto a deprimere. L’idea che Verona possa essere riconosciuta capitale italiana della cultura, sebbene pro tempore, è tanto balzana quanto la Monsanto reginetta dell’orto biologico o l’Eni dell’aria pulita o la Thyssen dei dispositivi antincendio.
Convinti tuttavia che “la città che non c’è vita fuori dalle sue mura” – oltre a quelle culturali – disponga di ben altre eccellenze da offrire in pasto alla sua brama di profumate consulenze, siamo a proporre diverse e ingegnose nuove opportunità di primeggiare in sede nazionale, regionale e soprattutto comunale.


In questo numero, oltre a guardare un sacco di belle figure ironiche e colorate magistralmente e gratuitamente dipinte dai nostri imbrattatele, potrete anche leggere senza impegno i seguenti pezzi dei nostri scriba lautamente ricompensati a suon di frustate per le stronzate che si inventano:

– Forse è perché siamo gialloblu?, di La redazione tutta
– Candidatura a capitale italiana delle librerie chiuse 2022, di Tex Pussy
– Candidatura a capitale italiana della manicure, di Nomenklatura
– Candidatura a capitale italiana dei graffiti di merda, di Nomenklatura
– Candidatura a capitale italiana delle grandi opere addaveniristiche, di Fedele Castro
– La mia clinica della raffinatèssa, di Candy Okan
– Spriss co la lengua, di Lord Scoppiafica
– Veronda: cultura da asporto, di Quel Brutale Finalmente

E se non lo troverete visto che i vostri locali di assembramento sono tutti morti sepolti dai debiti a seguito della pandemia di demenza senile, potrete scriverci e noi ve lo consegneremo a casa gratuitamente con la pizza omaggio e vi laveremo anche le stoviglie e lustreremo con lo sputo le vostre scarpe della festa e ancora non pretenderemo neppure un buffetto sulla guancia.

L’ombroso quarantasette: un numero contronatura

Dopo la grande speranza che fosse finalmente cominciato il giudizio universale, ormai disillusi dal floscio virus, nel triste frangente in cui ci ritroviamo senza poter degnamente festeggiare il Natale sputacchiandoci in faccia come ai bei tempi, ecco in vostro soccorso L’ombroso numero 47 che vi propone un altro nemico nuovo di zecca contro cui sfogare le nostre frustrazioni: gli alberi, i boschi, le foreste, questi sterminati eserciti di sussurranti ma temibilissimi invasori. Esseri che neppure appartengono al regno animale, gente al cui confronto la paura per gli immigrati è una favoletta. Altro che sostituzione etnica, gli alberi fanno parte di una cospirazione verde che minaccia ogni libertà dell’uomo e punta alla sostituzione di regno. Se li lasciate fare, se non li contrastate, gli alberi invaderanno tutto, le strade, le città… Guardateli mentre già ora sfondano i tetti, sconnettono l’asfalto, chiudono la visuale, infestano, opprimono il genere umano con ogni mezzo e via. Ben si comprende in quanti modi e con quali astuzie pazienti questi parassiti della terra ci minacciano, quanto infingarda sia la natura degli alberi con quelle radici che affondano verso l’inferno. Dopo che alla luce del sole hanno svogliatamente emesso ossigeno, non appena calano le tenebre – come moderne Penelopi – cominciano alacremente a produrre anidride carbonica per soffocarci nel sonno.
Un monito e una chiamata alle seghe, per la salvezza del genere umano, per il decoro delle nostre strade e del nostro territorio, all’armi, lettori, difendiamoci da chi ci vuole rubare il sacro suolo della patria.

In questo numero:

– Per una canoificazione del veronese: una modesta proposta, di Tex Pussy
– C’è un complotto degli alberi, me l’ha detto un tizio al bar, di Quel Brutale Finalmente
– Breve Orazione del sindaco sul perché è doveroso abbatterli, di Alì Tosi
– E allora le piante carnivore!?, di Minali
– Meditare sugli alberi, di Lord Scoppiafica
– Un sordo fap-fap-fap, di Milo Mannaro
– Famiglie in crisi e baobab con l’Iphone, di Pus

Il cartaceo dalle quanto mai coloratissime (ma non di verde, per motivazioni ideologiche) e spesse pagine prodotte a spese del nemico lo troverete gratuitamente nei consueti vostri luoghi di socializzazione. Ma badate, quando rientrerete nelle vostre celle allo scoccar del coprifuoco col L’ombroso sottobraccio, ricordate che il nostro giornale vi rende riconoscibili, ricordate che siamo in guerra, guardatevi sempre dalle piante, passate largo dai platani e dai lecci, perché anche quando sembra che stiano fermi e pacifici non c’è mai da abbassare la guardia. Mai.

L’ombroso quarantasei: un numero gourmet

Sono finiti i giorni delle risate. È scaduto il tempo della satira. QAnon non è una cagata uscita dalle pagine squinternate di L’ombroso, è realtà psicosociale, i terrapiattisti veneti davvero partono col naso su una bussola per raggiungere il bordo della terra, davvero il vostro sindaco è amico di Stupilli&Company e davvero c’è un sacco di gente in giro convinta che andrà tutto bene: il mondo è ridotto a satira di se stesso e L’ombroso, grazie al suo atavico isolamento, è rimasto l’unico brandello di raziocinio a mezzo stampa su questa terra che se non è piatta si è effettivamente molto appiattita.
Perciò non crediate che la “Modesta proposta” di Swift possa essere da noi ancora considerata satirica e, quando aprirete il nostro prossimo numero, non pensiate che si tratti di una barzelletta. Perché se ci siamo mangiati il capitale e il debito, le pensioni, le risorse, l’acqua, il cibo, gli animali, gli alberi, l’ossigeno, il territorio, se ci siamo mangiati il futuro, adesso perché non dovremmo mangiarci anche i bambini, che sono l’ultima cosa buona rimasta?
Voi forse credete che con l’eccesso di bambini che c’è al mondo, che saranno quattro miliardi di formichine fameliche, se l’umanità se li divorasse tutti ne verrebbe un gran danno alla nostra specie? Tutt’altro! La sovrappopolazione mondiale si ridimensionerà rapidamente e la fame nel mondo sarà abolita, come la povertà in Italia, senza doversi alimentare di topi vivi che portano le malattie e senza dover stipare milioni di ettari di suini e bovini che consumano risorse e soffocano il pianeta con le loro scoregge.

Ecco dunque, in anticipo sui tempi e sulle mode ma sempre in ritardo sulla satira, gli indispensabili consigli dei nostri esperti per godere un’esperienza culinaria entusiasmante, l’unica veramente sostenibile dal pianeta.

In questo numero:

– Alla riscoperta della tradizione, di Fabiana Inculamorti
– Un’arma contro il mondo cane del Brambillismo, di Tex Pussy
– Breve storia dello pedofagia, di Alì Tosi
– È stato lui, mi ha provocato, di Fedele Castro
– 18 gustose ricette per i bimbi a tavola. Prima infornati, poi infornali
– La cattura del bambino veronese, di Quel Brutale Finalmente
– La selezione, l’allevamento, la nutrizione dei bambini da tavola, de Il Miserabile Jean
– L’opinione del Professore, di C. Lombroso

Allora cosa aspettate, golosoni, correte nei vostri punti di mescita culturale preferiti ad accaparrarvi una copia gratuita senza lasciare nemmeno mezzo euro nella nostra cassettina, perché tanto a noi ci sovvenzionano i pedofili che vivono sotto terra mangiando le ghiandole surrenali dei bambini talpa.

L’untuoso

Prima che fosse decretata la quarantena erano quasi tredici anni che non uscivamo dalle cantine salnitrose dove abitualmente troviamo ricetto, ma da quando in città non si vedono più facce di cazzo, e per la verità di questi tempi si sono viste pochissime facce in generale e quelle poche mascherate, per le strade di Veronda ci sentiamo a bell’agio assai e lo spettacolo di piazza Erbe deserta ci colma di speranza per il futuro.
Poiché i locali, dove per solito s’assembrano i nostri lettori in trepidante attesa di ombrose novelle, sono tutti chiusi, s’è fatta questa pensata, del tutto degna del nostro genio, di andare in cerca di untori e di chiedere a te, proprio a te anonimo annoso lettore scroccone, di distribuire il fantasmagorico e segretissimo giornaletto.
Ricorda che se noi facciamo queste cose è perché siamo disperati e non abbiamo un cazzo da fare tutto il giorno, ma anche tu sei disperato e allora forse anche tu aneli con noi alla rivoluzione rosso pomodoro. E questo puoi anche scriverlo sull’autocertificazione con la quale rivendicherai il tuo insensato atto di terrorismo. Sappi però che se ti prenderai cinquecento euro di multa noi non ti daremo niente come niente ci hai mai messo nella cassetta delle offerte prendendo il L’ombroso per metterlo sotto la sabbia del gatto.

A tutti voi pavidi, pigri e accidiosi che non avete avuto il coraggio di diventare gloriosi untuosi quando la Storia vi ha chiamato all’appello: ecco, con un virulento colpo di coda, cosa vi siete persi. Che vi sia di monito per la prossima pandemia!