La città, ignara e placida, sta correndo uno dei più grandi pericoli della
sua storia, quand’ecco un sussurro…
schhhhweeeeeeiiiiin…
Il primo, rabbrividente capitolo della saga pearhorror!
Scarica il primo Schweinfilet
La città, ignara e placida, sta correndo uno dei più grandi pericoli della
sua storia, quand’ecco un sussurro…
schhhhweeeeeeiiiiin…
Il primo, rabbrividente capitolo della saga pearhorror!
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"Saludame i butei, chei cuatro mona
che ancora i leva in sel el pugno ciuso
su quel sò macinino un po’ in disuso
co ‘na vecia marmita scoresona;
saludali, ti dighe che mi ruso
adeso sora un tren che core e sona
e fin che lori, indrìo, iè lì a Verona
mi coro nel futuro, a bruto muso.
Alexja Wakkkary, prestigiosa firma di un giornalino locale, ha una
grande passione: sdoganare attraverso mirabili pezzi i suoi amici della
Verona Ariana. Ogni occasione è buona, si parli di sport, di cavallette
o di gara automobilistica con le forme di grana al posto delle ruote.
Anche se si tratta, faccio per dire, di cassonetti differenziati, lo
spunto per parlare dei fascisti lei lo trova (pure io, a pensarci
bene). Cromaticamente scontato dunque che mi vada matta per la cronaca
nera.
Se no te ciapi calche scortelà
in giro in centro, ale diese de sera,
e digo sopratuto in piasa Brà,
a sentir calcheduni de la Nera,
te sì stà veramente fortunà;
e par che la sia, sì, na storia vera,
e gh’è ci dise: mejo star serà
in casa, fermi, imbambolè, de çera.
di Livio Camembert Fasto
Finalmente la scossa che tutti aspettavamo, dopo secoli di torpore la torpedine della cultura si schianta sulle mura di Verona, risvegliando idee sopite e fermenti mai lievitati in questi mesi. Perché esistevano questioni più importanti da risolvere, come i grandi temi della sicurezza, della viabilità, dell’inquinamento e il risanamento delle casse comunali dopo la disastrosa parentesi don zanottiana, nonché naturalmente l’Hellas.
di Ugo Sau
(segue dalla prima parte)
Le segretarie del piano terra, al suo ingresso, si sdilinquivano davanti a lui, come ogni giorno, ed egli come tutti i giorni le salutò, chiamando ognuna per nome, e alle loro risatine isteriche chiese: «c’è posta per me?», e al ritmo dei loro ditini sulle tastiere, lievi frulli di mosconi, si diresse all’ascensore.
Salito nel suo ufficio scorse l’agenda, s’incazzò perché probabilmente neppure quel giorno sarebbe riuscito a lavorare in santa pace, poi mentre le agenzie mitragliavano a ritmo serrato milioni di notizie da tutto il mondo, passò qualche ora a studiare il vento.