L’ombroso trentotto: siete tutti invitati all’ultima aperiantropocena

Una riflessione. Una pacata, delicata, serena ma profondamente ontologica riflessione sul senso dell’esistere della specie umana.
In questi giorni di fiato sospeso per le sorti del mondo noi trepidiamo nella flebile speranza che al cow-boy gli saltino i nervi e tiri la prima pistolettata al cosacco nella landa desolata. Perché la guerra è la medicina del mondo, soprattutto quella chimica, dicevano gli ubriaconi del secolo passato, e non sbagliavano di molto. La vera medicina sarebbe l’estinzione, radicale e definitiva, ovverosia una specie di utopia, se è vero che esistono uomini che si cibano d’aria e altri capaci di resistere un quarto d’ora sotto acqua, o di risolvere il cubo di Rubik in qualche secondo o dormire in piedi e pisciare a testa in giù. Come cazzo fai a liberarti di questi fenomeni da baraccone che sono gli umani?
Noi proviamo a darvi qualche consiglio, ma sappiamo già che non per questo smetterete di infischiarvene bellamente degli equilibri dell’universo e continuerete a parlare e a respirare consumando ossigeno ed emettendo anidride carbonica, come avete sempre fatto.
Ma se tutti noi imparassimo a respirare anidride carbonica e ad espellere ossigeno? Proviamoci! 
 
In questo numero:
 
– Schiaccia sull’acceleratore del Kali Yuga, di Lord Scoppiafica
– Intervista al parrucchiere preferito del Voluntary Human Extinction MovemenT, di Karl Vetriolo
– Andate e diminuitevi, di Alì Tosi
– Secca il tuo utero e dallo in pasto a Gattini®, di Nomenklatura
– 100 buone ragioni e astuti metodi per scegliere l’estinzione, di Pus
– Red Mirror, di Sacapoche
– Capire le sacre scritture: Genesi 37-40, Un mongolino d’oro, de Il miserabile Jean
 
Un numero disperato questo 38, che grida vendetta. Nonostante ciò, pieno di colori e di vignette entusiasmanti, con tanto di redazione e direttore editoriale, tutto a gratis, tutto a macca. Non dimenticate però che L’ombroso nell’ombra vi vede e vi studia sempre e guarda se rubate le monetine dalle nostre bare o se vi pulite il culo col nostro giornaletto.

L’ombroso trentasette: anno nuovo, farcitura tradizionale

Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che gli piace. Disse il cronista guardando il topo di fogna rovistare tra i pannoloni dei vecchi concittadini timorosi di dio oltre che del fisco e, nel tempo libero, degli extracomunitari.
Il boccone si fa sempre più amaro. Ma non disperiamo, a chi se la fa piacere la bellezza di questa città saprà riscattarlo dall’insopportabile sapore di merda. La vocazione prima e sola di questo glorioso Comune – già si rintraccia nella vacuità estetizzante di alcuni Capuleti – è la falsità, sempre presente nell’era moderna nella sfacciata vanità delle sue pulsioni rettificatrici e decorative. Ne è massima espressione la vicenda urbanistica, dalle razionalizzatrici velleità del Camuzzoni, passando per la pretenziosa deregolazione di Borgo Trento fino all’era contemporanea inaugurata dalla Sironi in stato di vascheria che cominciò a lastricare le vie del centro di improbabili marmi hollywoodiani. La smania di decoro, di eleganza, di bellezza non ebbe più freni verso il parossismo di via Mazzini dove l’isterismo dell’acquisto compulsivo si venne a sfogare a costo di rovinoso indebitamento, di riduzione in schiavitù, di sordido commercio col popolo delle pantegane, disposto a ogni compromesso per avere un ricciolo in più sulla testa, una toppa sul petto, una ben codificata identità estetica. Ed ecco, a coronamento del bel lavoro, in esclusiva sull’ultimo numero, la definitiva riforma toponomastica che rende a Sboarina quel che è della Sironi.
Ma davvero Verona la Falsona è bella, la più bella, sorella minore ma più procace, più ordinata, più pulita, più fronzolosa e civettuola di Venezia e di Firenze messe assieme, vale davvero la pena di adeguarsi.
Sorride Cangrande, sorride Madonna Verona, sorride persino san Zeno, anche se era un extramoenia. Sorridete anche voi insieme al nuovo numero di L’ombroso che vi svelerà il segreto della Falsona.
Siete di Veronda se…, recitava un simpatico videogiochino subsociale atto a rinsaldare la confusa identità, ma quelle sono stronzate da dilettanti, siete veramente di questa città solo se siete belli, ricchi, puliti, sorridenti e profumati… e perciò se siete da Bussolengo o da Vangadizza non potete certo dirvi Veronesi, perché qui da noi la bellezza è tutto. Il resto è solo un inutile rimasuglio di pensiero appiccicoso estratto dalla narice sinistra.
E allora tutti insieme, crediamoci, crediamo che i bei vestiti riscattino le infamie, che il prestigio sia la sostanza delle cose, che le superfici lucide e le lucette diano la felicità, che le divise ordinate facciano sicurezza e che la giusta montatura degli occhiali ci cambierà l’esistenza. E vedrete che anche il prossimo pandoro ci sembrerà commestibile.

In questo numero:

– Disquisizione sull’effetto placebo del bello
– Cronica sportiva, di Silvio Fato
– BBW – Big Beautiful Werona, di Karl Vetriolo
– La fighezza ci salverà, di Max Brododidado
– Paginone centrale: la nuova toponomastica
– Brutta più di una merda, di Sacapoche
– Capire le sacre scritture: Genesi 31-35, Origine divina della sciatalgia, de Il Miserabile Jean
– El Malmostoso, di Pastis Abeba

Un numero estetizzato per l’occorrenza da fighissime illustrazioni prodotte sotto il giogo di orripilanti gnomi malefici.

L’ombroso trentasei: putrenefandezza

Se l’estate passata non vi ha putrefatti, vi putrefarà l’estate prossima, e se non sarà la prossima perché siete ancora freschi e bagnati di vulva materna, beh, sarà quella dopo o quella dopo ancora, ma prima o poi potete stare certi che ne verrà una abbastanza calda e marcia da ridurvi a una bisteccona con l’osso maleodorante.
Questa è la buona novella che il nuovo esclusivo, energizzante, balsamico e costruttivo ultimo numero de L’ombroso porta alle genti di buona volontà che non sono ancora stufe marce di respirare i miasmi della più disgraziata delle province.
Un numero che puzza solo a sfogliarlo, un numero che sa di vecchio, senza uno straccio di nuove idee, dove nascoste nella merda troverete avare e preziose facezie che forse potranno strappare un timido sorrisello, per la vostra irresponsabile allegria e per la lucentezza dei nostri capelli. Un numero che è il fedele specchio della città, perché ogni cittadino che abbia uno straccetto di onestà intellettuale non può non rendersi conto di essere un verme dentro a una carogna, e per quanto ci si sia infilati una rama di menta biologica nel naso e un pacchetto di incensi Nankako nel culo, non ci è possibile non sentire questo pungente odore di fogna vecchia che aleggia per le strade dei nostri quartieri.
– Il puzzo lo si sentiva già da giorni – diranno i vicini, e infatti le mille pantegane avranno fatto tempo a farsi fuori tutta la carne e la coratella quando i vigili del fuoco troveranno la città riversa nei suoi escrementi con l’identità spolpata fino all’osso dai cani integralisti. Perciò, di male in peggio, sorbitevi quest’altra fetente scoreggia premonitrice della redazione più clandestina e simpatica di Veronda, inalate a pieni polmoni l’afrore di questo fragrante numero 36.
 
In questo numero:
 
– È possibile caramellare la putrefazione?, di Max Brododidado
– Il grave fenomeno del bullismo procariota, di Fabiana Inculamorti
– Necromantico, di Lord Scoppiafica
– Scene di lotta di classe al Marcantonio Putrefaglia, di Silvio Fato
– Speciale Corea del Nord
– Deep Provincha, di Sacapoche
– Capire le sacre scritture: Genesi 28-30, Fertilità e sputi, de Il Miserabile Jean
– El Malmostoso, di Pastis Abeba
 
Un numero bello perché guarnito di decomposizioni artistiche da un manipolo internazionalista di facitori di figurine illustrate.

L’ombroso trentacinque: più vuoti, meno voti

Grugnolo se ne va, ma L’ombroso rimane. Eccone un altro numero.

In questi anni di risibile governo della città vi abbiamo tenuto la mano come bimbi spauriti, vi abbiamo fatto ridere, vi abbiamo fatto piangere, dall’ombra vi abbiamo suggerito che un altro punto di vista era possibile, che si poteva trovare conforto nei cerchi nella pearà, nella lettura dei libri sacri e sciamanici, nell’intonare tutti insieme il grido di speranza “Hasta el ponte de la Victoria, forse!”. Vi abbiamo sostenuto nella cura dei piccini, nella scelta dei libri e della musica, vi abbiamo confortati nei tempi di crisi e vi abbiamo informati e guidati nelle difficoltà quotidiane, animati dalla volontà di educare, voi masse di quadrumani, alla rivoluzione simpatica. Stronzate. Come al solito ci siamo sbagliati. Dopo Grugnolo non verrà niente di meglio. Avremmo sperato per lui un’uscita di scena degna della sua faccia. Che so, un abbiocco in autostrada, un suicidio anti-equitalia, un duello di lama fuori casa, invece lui se ne va mesto, disfatto con l’alito di uno che si è appena risvegliato e gli tocca magari di andare in ufficio, mentre L’ombroso continuerà a uscire gratuitamente nei vostri locali preferiti senza essere in grado né di aiutarvi dalla prossima merda, né di consolarvi. Possiamo solo assicurarvi che nel pantano nero dell’ignoranza continueremo ad affondarci abbracciati tutti insieme e cercheremo di stare allegri come sbornie tristi, perché, come diceva il poeta comunista, è dall’humus puzzolente nell’ombra del sottobosco che nascono le grandi querce che ardono nei forni.
Perciò beccatevi anche queste esilaranti elezioni e il nostro paginone centrale a loro dedicate. Siamo certi che fino a quando saremo gratuiti come vespasiani voi continuerete a compiacervi dello spettacolo pantoclaste di saltimbanchi da trivio e quando sarete di maestrale a gettarci mezz’euro nel piattino.

In questo numero:

  • I migliori dieci anni della nostra vita, de Il Miserabile Jean
  • Pacate opinioni a confronto e incontri culturali al Vinitaly, di Alì Tosi
  • Ignorantismo: deficit cognitivo di sottocultura o movimento di primitivo consapevole afflato artistico?, di Nomenklatura
  • Ricorda che quest’anno si cambia il subumano. Va’ a votare, Verona lo merita, de La Redazione
  • Satira pe-dante, di Sapore di Cane
  • Capire le sacre scritture: Genesi 24-27, Isacco, de Il Miserabile Jean

Un numero di certo non privo di iconografia dissidente per alleviare dai crampi e per motivarvi anche con le figurine a rimanere, orgogliosi, nella più bieca ignoransa.

L’ombroso trentaquattro: un numero che è una bomba

Borghesi in tempo di crisi ci siamo imborghesiti, non c’è dubbio.

Eccoci ancora a rivangare i bei tempi della giovinezza, quando le bombe le si metteva noi italiani di genoma italico e latino se non etrusco o addirittura Osco, popolo di pastori e grandi amatori di capre, altro che Celti incestuosi e pastori lessinici mugofagi con le croste sulla faccia.
Ah! Che tempi, la fiera di Milano, Piazza Fontana, Gioia Tauro, Peteano, piazza della Loggia, Ludwig, l’Italicus, Bologna e tanti altri giorni di esplosiva giovinezza vorticavano attorno alla nostra beneamata città! Mica come questi pidocchiosi di musulmani. Noi sì che ci sapevamo fare col tritolo. Giù la testa, coglione.
Un numero che abbiamo voluto dedicare alla bomba, perché la bomba è spensierata, riscalda, conforta i deboli, alimenta gli opulenti e tace la miseria. La bomba che fa giustizia di tutte le ingiustizie, la bomba con il botto che porta allegria e tutte le feste se le porta via.
Bum bum bum, diceva una canzone dei nostri tempi. Ed ecco allora sotto il vostro naso puzzolente i più fulgidi esempi dei bombaroli de casa nostra. E chi ha orecchie per intendere intenda, chi ha occhi per vedere veda e chi ha un biglietto da cinquanta lo metta nella cassetta de L’ombroso che trovate un po’ dappertutto, se avete occhi almeno per guardare.
E insomma da bravi borghesi anche noi alla fine si è partorito il figliolo ribelle. Con malcelato orgoglio ve lo presentiamo. Ecco “L’Antitutto”, supponente sciocco ignorantello e impertinente come un adolescente senza talenti alle prese coi suoi gattini molotov e le sue turbe fanzino-rivoluzionarie.
Ma la rivoluzione rosso pomodoro, diciamo noi, non si fa con la fretta, la gatta cieca ha fatto i gattini molotov ciechi, bisogna sapere aspettare e farsi esplodere quando sono tutti dentro. Altro che baluba iconoclasti.

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In questo numero:

  • Bombe e buoi dei paesi tuoi, di Quel Brutale Finalmente
  • Un uomo (quasi) tutto d’un pezzo, di Minali
  • S’i’ fosse bomba, di Nomenklatura
  • Capire le sacre scritture: Giosuè 5-6, Spippolo, poi torno a bomba su Gerico, de Il Miserabile Jean

e in allegato: “L’Antitutto“, fanza autoscissionista autoprodotta e automunita contro il rimbambimento a colori de L’ombroso

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L’ombroso trentatré: più aldilà che aldiqua

A gamba tesa nel bel mezzo della noia che ci attanaglia è uscito il nuovo coloratissimo numero de L’ombroso, a lenire le ferite dei pochi sopravvissuti.

Numero palesemente palindromo. Numero esoterico per eccellenza. Vibrazione del Maestro. Le 33 vertebre della colonna. I luoghi santi del Buddha in Giappone, le 33 chiese fatte costruire in dieci anni da Zhédi, imperatore della dinastia Ming. E ancora sono 33 le perline nel rosario islamico, i 33 anni di regno di Davide a Gerusalemme, gli ani del Cristo, per non parlare dei 33 giorni di pontificato di Papa Giovanni Paolo I o dei centimetri di John Holmes. Il trentatreesimo è il grado massimo nella gerarchia massone. E ancora, le 03:33 del mattino è il momento della giornata più propizio per entrare in contatto con entità di tutti i tipi e di tutte le forme. E come dimenticare quei 33 disgraziati minatori cileni intrappolati nel 2010 nelle budella della terra che mandarono il biglietto “Estamos bien en el refugio los 33” il quale, come chiunque può constatare, consta di 33 caratteri compresi gli spazi. E a seguire i proverbiali trentatré trentini e finalmente dica trentatré.

Allora, avanti, tutti insieme, chiedete, pretendete, dite trentatré, e forse vi sarà fatta salva l’ombra vostra.

Questa volta L’ombroso affronta una rinnovata, esilarante esperienza nel mondo della cura alternativa, delle filosofie archetipe, delle vacche sacre, delle masturbazioni illuminanti e delle più curiose attitudini della nostra animaccia bella.

Ricco di ieratiche raffigurazioni piene di spirito, di documenti apocrifi, di inopportune inserzioni pubblicitarie e di autentici sproloqui.

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In questo numero:

  • La grande lezione di Tiziano Terzani, di Fabiana Inculamorti
  • Ho sposato l’energia quantica del cosmo. Poi…, di Max Gurudidado
  • Dica trentatré!, de Il Miserabile Jean
  • Basta con questo ognuno dice la sua, di Dott. Minali
  • Ma se non hai fatto lo Scout i nodi come li sciogli?, di Nomenklatura
  • Le recensioni lobotomizzate di Quel Brutale Finalmente
  • Capire le sacre scritture: Genesi 19, Meritocrazia, de Il Miserabile Jean