L’art director, cioè il direttore marketing, sì, insomma il pataccaro di CasaPound cominciano a girargli i testicoli vorticosamente perché non è mica possibile che ogni volta che sul campanello ci mettono il nome di un intellettuale si sollevi un vespaio di polemiche. Cazzo, sono solo nomi. Da quando anche gli eredi Pound li hanno diffidati dall’usare il nome del poeta pazzo per vendere la loro paccottiglia (usare Pound per la casa dei bastonatori sarebbe come intitolare a Leopardi un circolo di onanisti. Cioè a dire che non basta tirarsi una pugnetta per essere poeti).
Ci avevano provato con Bianciardi. Con Bianciardi? E perché non con Pasolini allora? Ma è che Bianciardi parlava troppo chiaro per i loro gusti. Pound era più facile, meglio di chiunque aveva intorpidito la sua lingua per farla sembrare più profonda. Ma ora che anche Pound, avendo capito di che bassa lega sia la natura di questi rampanti fascisti del terzo piano, non è più disponibile, bisogna che si cerchino un nuovo testimonial. Di intellettuali che non abbiano esplicitamente condannato le merde come loro non se ne trovano molti in giro. Certo i defunti non possono smentire, ma ogni volta gli intelligentoni tirano fuori qualche citazione ad hoc per dimostrare l’estraneità di Gadda, di Boine, di Bianciardi e perfino di Rino Gaetano alle loro posizioni commercial-ideologiche e poi saltano fuori i parenti e i lettori, e che palle questi intellettuali. Continua a leggere
Archivi categoria: ritrattismo
Il Natale di Kevin
Ciao Ricina, sono Kevin e volevo raccontarti di cosa mi è successo finché facevo quattro passi ieri sera fuori in città, col mio amico Maicol Negro.
Stavo passeggiando lungo le sponde dell’Adese, quella sinistra vicino a San Tomaso, quando ai cassoneti dele sgauie ho trovato circa 15 copie del giornaletto dove mi rispondi sempre alle mie lettere.
I numari erano fuori dal cassoneto insieme ad altra carta, poca, come si fa quando i cosi lì sono pieni e non ciai voglia di andare a quello più distante. Il cassoneto della carta sembrava infatti appena svuotato.
Insieme con i giornaletti c’era anche altro: imballaggi di bottiglie ceres da 33, ridu di un cenone dell’ultimo dell’anno e un foglietto del bar sotto el portego de San Tomaso, dove va a spendar i schei i alternativi alla moda.
Alora col mio amico Maicol sono andato a bere una spuma proprio in quel bareto e ci ho chiesto alla parona se c’erano ancora L’ombrosi ma mi ha detto che non sapeva e che forse erano finiti. Volevo dirci che erano finiti nei cassoneti ma non ci ho avuto il coraggio.
Secondo te Ricina, chi è che li ha buttati via, un nasista o un barista?
Ps: non preocuparti che i numari boni li ho portati al Malacarne.
Ciao,
Kevin Bonetto
Tuta una serie di misure che vano a incidere su questi fatori
Visto Grugnolo su Telenuovo! Da Santoro. Che cosa ci trova Santoro in Grugnolo? Il pubblico di Santoro che cosa ci trova in Grugnolo? Basta ascoltarlo dieci minuti per capire che non ha un cazzo da dire. E allora? Santoro da bravo imbonitore prende Grugnolo in trasmissione come lo zingaro tiene l’orso ballerino. A onore del nostro Chit Carson bisogna riconoscere che ci vuole un bel coraggio per andare a sparacchiare sentenze alla cieca nelle luci soffuse del triste studio del Servizio Pubblico, a spiegare con tutta naturalezza che il debito pubblico è esploso e adesso bisogna tartassare i ricchi: le tasse ai ricchi. Uh! I ricchi, Grugnolo? I ricchi? Ma non erano i terroni? Come scusa, non erano i negri che gliela dovevamo far pagare? Adesso sono i ricchi?
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Tabula abrasa
Non vi sentite già tutti più buoni di fronte all’Opera Presenze? Al di là del fatto che l’esperto in arte fotografato sembra più interessato a capacitarsi di cosa ci faccia un piccione appollaiato sopra (e se diovolesse, avesse ancora la sua carabina… bisognerebbe far evacuare piazza Bra per un raggio di almeno mezzo chilometro), noi ci chiediamo: ma il noto critico d’arte in questione, insieme a tutto il suo gotha amministrativo degno di una galleria di barnum cubisti che ha voluto, fortissimamente voluto, l’Opera Presenze, siamo sicuri che non abbiano altre cartucce (e daje) in scarsela da sparare?
Dopo questo ficcante Monumento alla Pace (che rappresenta, con tocco raffinato e originale, la recente caduta del muro di Berlino; voci di corridoio indicano in una zia diversamente normale di Flego l’autrice del prossimo toco de marmo che celebra lo sbarco sulla luna), i sensibili artisti di palazzo Barbieri potrebbero proporre un Monumento all’Amore (con frasi tratte dai baci perugina), un Monumento all’Aria (fritta, pesante, al sabor di flatulence), un Monumento ai caduti della Resistenza ma anche ai repubblichini ma anche alle SS (quello in effetti, è già stato proposto), un Monumento a tutte le religioni (quelle buone e anche quelle cattive), un Monumento ai Butei (con trascritte le migliori frasi da striscione in curva: sporchi negri, ebrei al rogo, gott mit uns, sieg heil e viva la mamma che mi partorì).
Per intanto sfogatevi di creatività anche voi, artisti per un giorno, ad abbellir l’Opera Presenze Inquietanti di nuovi significati proponendo massime, aforismi, pensierini.
Le migliori profondità scaturite verranno scalfite a imperitura memoria sul commovente monumento e ivi successivamente riportate.
Mister Loma Loma
Lampi di genio su Veronda
Fabio, un uomo solo al comando
Sui grandi dubbi che attanagliano l’amministrazione, e cioè se ci sia ancora un buco dove infilare del cemento o tirare delle strisce (blu, gialle, bianche…) e accontentare i compagni di merende – sempre per il bene di tutti, s’intende – si proietta una luce giovane che illumina e riscalda. Arriva la creatività di un sognatore: Fabio "io i giovani li capisco perché sono uno di loro" Venturi.
Fabio, prima "patria o morte" convinto ora "Roma ladrona" convinto, ha idee chiare e convinte: questa città sta morendo perché non ci sono più tavoli sopra cui ballare le cover degli 883. Questa città è sorda al disperato grido del popolo degli spritz, discriminato solamente perché vuole che la vita sia più fun e meno tieffe. Fabio è il loro portavoce abbronzato, che presiede in camicia attillata la quinta circoscrizione.
Basta tristezza, è ora di happy hour, sembra dire ammiccante alle cariatidi incapaci di pensare un futuro finalmente ricco di cocktails. Continua a leggere
Marcellino, il postino del risino
Dopo una capatina a Casapound Roma, sede centrale di tutte le baggianate storiche del nuovo millennio, il portalettere della mafia fa una sosta anche a Verona.
Per questo Marcellino il postino si ferma a Risitaly, che da risibile sagra del risotto col tastasal si è trasformata nella più grande kermesse italiana della satira di regime. Specchio di un paese, direbbero i soliti tromboni di “Repubblica”. Continua a leggere
Fajardo, fascista gajardo
Integerrimi
Lui ha capito i bisogni della gente sua, che sono: ordine, sicuressa, far pulito, filo spinato, evasione fiscale e amore misericordioso (in quest’ordine, se non erro).
Via Roma ladrona, via i professionisti della politica, via i rom. Al grido di "chi spreca è un napoletano figlio di maghrebini", il novello crociato dei conti pubblici piccona a sinistra e a manca, risoluto nel voler riportare la grande Restaurazione Moralizzatrice e Anticlientelare nel cuore di Piazza Bra.
Bravo. Ben fatto. Continua a leggere
Vaccarate
Alexja Wakkkary, prestigiosa firma di un giornalino locale, ha una
grande passione: sdoganare attraverso mirabili pezzi i suoi amici della
Verona Ariana. Ogni occasione è buona, si parli di sport, di cavallette
o di gara automobilistica con le forme di grana al posto delle ruote.
Anche se si tratta, faccio per dire, di cassonetti differenziati, lo
spunto per parlare dei fascisti lei lo trova (pure io, a pensarci
bene). Cromaticamente scontato dunque che mi vada matta per la cronaca
nera.