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Vecia, te sì brusà. Prolegomeni alla censura veneta.
Qui nel protettorato del Padanenlander a volte l’afflato lirico delle camicie verdi deve fare i conti con il primato, in tema di segregazione razziale e filo spinato, delle locali camicie brune.
È successo con Elena “Capa Tosta” Donazzan, ardita assessora all’istruzione e al Lebensraum del fu MSI, che segue a ruota il suo compagno di Giovinezza Raffaele Speranzon, entrambi invidiosi di essere superati dalla Lega in argomenti a loro storicamente congeniali.
Tradendo una sana – e come biasimarla – voglia di roghi, la Elena, parlando degli scrittori che nel 2004 firmarono un appello a favore di Cesare Battisti, ci dice con pacatezza «Nei prossimi giorni invierò a tutti gli istituti superiori del Veneto una lettera in cui esorterò insegnanti e bibliotecari a non diffondere tra i ragazzi i libri di questi autori. Sono diseducativi».
Poi, mentre il braccio destro si irrigidisce, replica a chi la accusa di censura: «La chiamassero come vogliono. Di sicuro è una censura morale. Nessun obbligo, beninteso, ma un indirizzo politico: voglio evitare che i ragazzi vengano a contatto con le idee di chi difende a spada tratta un furfante, un delinquente, un assassino conclamato».
E fa bene, lei ci pensa ai ragazzi, li conosce. Soprattutto quelli amici, di CasaPound. A Verona l’assessora ha dimostrato diverse volte di sentirsi a proprio agio nella sede dei figli della lupa del terzo millennio.
E cosa leggono gli amici della Elena, nella loro libreria nonconforme Microgramma? Continua a leggere
Questo non è un centro sociale per vecchi
Al tredicesimo taglio di nastro da parte della giunta è stato al fine inaugurato il Centro Tommasoli, costruito al posto di un centro sociale su palafitte. Il centro, come pubblicizza la brochure della 6ª circoscrizione è stato progettato dai tecnici comunali con un incredibile risparmio sia economico, solo un milioneduecentomilaeuro, sia energetico: infatti rimane più o meno chiuso per tutta la stagione invernale per evitare i costi di riscaldamento. L’eccezionale struttura prevede un luminoso piano rialzato con cucina e sala polifunzionale, accessibile soltanto a chi dimostri di essere nato durante il regno di Sua Maestà Imperiale Vittorio Emanuele III di Savoia e di aver vinto almeno un torneo di briscola al bar Hellas. Il meno luminoso, ma più grande seminterrato, prevede, a contatto con i servizi igienici, una grande sala polifunzionale, con delle sale prove dedicate ai gruppi musicali emergenti di polka, mazurka, salsa, merengue e ballo del mattone. Gruppi che porteranno Borgo Venezia al posto che gli spetta nel panorama nazionale del ballo liscio. Continua a leggere
La Bra: dai “banchetti dei sapori” al Lince e oltre!
(Riceviamo e volentieri pubblichiamo)
Il ragazzo M. manda un sms (“troviamoci almeno per fischiare”). La mattina dopo – ieri, domenica – entra in Bra, ci fa due passi, senza nulla dire o fare, ed è già fermato. Mezz’ora per controllo documenti. Ma prima o poi ci riesce a lanciare un urlo di sdegno per quella buffonata: Sindaco, Perla, Bolis, Marchesini, Bonfrisco insieme confusi e fusi con una marea di militari in varie fogge, carabinieri, finanza, polizia, poliloca, digos.
Un’occasione come poche: fino a pochi anni fa, i militari aprivano le caserme al popolo, il 4 novembre, giorno dei 680.000 morti, 600.000 prigionieri e dispersi, 950.000 mutilati e feriti cronici, 50.000 morti civili, 470.000 denunciati per diserzione o renitenza, 15.000 condannati all’ergastolo, 729 condannati a morte, 2.000 fucilati per decimazione o condanne sommarie, 5.000 fucilati per sbandamento durante la disfatta di Caporetto…
Il 4 novembre, giorno sacro ai reduci, poi cofondatori del partito fascista. Continua a leggere
Frescure
Brancher Menta
Amo l’Hellas
Cani al pascolo
Atti del Fede
E questi sono fatti scientifici assodati.
Ora veniamo alle mitigazioni: Continua a leggere
La solita minestra di ratto
I fascisti del futuro, hanno un bel sudare a nascondere il passato.
Per non apparire subito quello che sono (tutto a suo tempo) confondono le acque e si detergono lo sporco incrostato, facendo abluzioni in rivoli di fogna come fossero terme.
Così improbabilmente depurati, raccontano oggi per l’ennesima volta la parabola dello stivale che schiaccia la testa ad un uomo, facendola passare per una bella storia di commovente eroismo. Nella quale identificarsi per creare un senso di appartenenza fetuso, dove l’individuo è roba vile, vale solo star infrattati nel mucchio per sentirsi veri uomini valorosi. Continua a leggere