L’ombroso ventiquattro: brutto figliastro di una grande madrassa

Sono finiti i bei tempi spensierati della giovinezza. Quando bastava mettere un banchetto in piazza Toscana e lanciare strali contro arabi e terroni. Quando un sindaco imberbe e veronesissimo sfilava coi camerati a braccia tese inneggiando alle pulizie etniche e al riordino della società corrotta. Quando la legge Tremonti, ultimo colpo di coda del piano Marshall, sfornava capannoni a perdita d’occhio nella bassa. Quando gli operai si sentivano dei signorotti e i commercianti a Natale concedevano ai cittadini luminarie e stelle comete da lustrarsi le pupille per tutto l’anno.
Finito. Tutto finito. Vero-niet!
Avete votato la Sironi e poi il suo fratellino borderline perché vi davano fastidio i poveri negri? Allora adesso seguiteci nel nostro sconvolgente reportage per le vie di Veronetta e godetevi fino all’ultima goccia di vodka l’indecoroso e grottesco spettacolo dei ricchi sovietici che si comprano le nostre raixe.

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in questo numero:

– VODKA AMAPA Л BEPOЉNETTЛ, di Quel Brutale Finalmente
– Vedi Veronetta e poi muori, di Robberto Saviano
– Embedded! All’inferno e ritorno, di Miserabile Jean
– Il Ciak verrà distrutto all’alba, di Minali

a rallegrarlo, iconografia consona e meno consona, siparietti umoristici inutili per una città che sprofonda già da sola nel ridicolo.

L’ombroso ventitre: un numero cucù

Chi ha sempre pensato che questa fosse una città avara di motti riottosi e incline a tifare per laidi profittatori s’ha da ricredere. Spulciando nel corso della storia locale affiorano fiotti di rivolta, ne è la testimonianza questo numero del giornale che raccoglie le ricerche documentate dai nostri reparti storiografici. Indi per cui – forti di questa tradizione finora sconosciuta fatta di barbe, birbe e sbroccate – esortiamo il popolo a prendere coscienza che c’è sempre stata vita oltre lo spritz in piazza Erbe e ad agire di conseguenza.
Per smuovere la matrice del reale lanciamo nell’aere, come pollini a primavera, operazioni di allegro situazionismo, sperando che attecchiscan.
Noi, se serve, siamo qua.

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in questo numero:

– Fuck the system, di Minali
– Laguna di Veronda, di Epigono L. e Fra Casso
– La Ztl dei sensi, di Lord Scoppiafica
– Controllo Unificato Libertà Ordinaria, di Barnauta e von Cacchien
– Le prove della presenza di barbe nella storia della città di Veronda

il tutto molto disegnato, che siamo stanchi di vergare fogli, che scripta manent ma chissà se ve li meritate.

L’ombroso ventidue: un numero dove l’influenza gozzigena costituisce il primo stadio del cretinogma

Le rilevazioni facciali non raccontano balle, abbiamo utilizzato i più precisi ritrovati della scienza antropometrica: il diametro bizigomatico, il diametro bigoniaco, il diametro naso-mentoniero e infine il diametro naso-sottonasale.
È dura da mandar giù ma le misurazioni parlano chiaro. Da nostri inconfutabili studi, che affondano i propri parametri valutativi sul metodo positivistico e sulla teoria materialista ereditati dal rigore scientifico della scuola lombrosiana, ne abbiamo tratto quanto segue: il problema del nostro deplorevole status cittadino sta in una predisposizione ereditaria alla degenerazione.
Leggere i trattati di Cesare Lombroso che hanno solcato la storia dell’antropologia quantitativa – come «Sull’abuso dello spaccio dei purganti, dei cataplasmi e delle mignatte», «La paralisi progressiva degli alienati dipende da generazione adiposa delle cellule cerebrali?» o «La ruga del cretino e l’anomalia del cuoio capelluto» – e trovarvi ineccepibili segni dell’attuale crisi di “indice cranico” locale avvalora il nostro più che giustificato dubbio.
Ma quali sarebbero le cause di questa malformazione intellettiva congenita? Qui s’apre il dibattito.
Abbiamo almanaccato e azzardato, leggeteci.

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in questo numero:

– I miasmi perniciosi di questa remota provincia
– Un maleficio oppure onde radio?, di Minali
– Uai onli aidiots in dis taun?, di El Gefri
– Capecchi, di Il Miserabile Jean
– Conte Vlad Mandorlino, di Silvio Fato
– De viribus illustris, di Alì Tosi
– Avena in love, di Quel Brutale Finalmente

il tutto millimetricamente rigato da illustrazioni affette da prognatismo.

Il gioco dell’oco: Veronda incubus

Immedesimati in un sol momento nella difficoltà di un ragazzo che diventa uomo al compiersi del suo ciclo di studi.
Prova a capire la tristezza che può prenderti quando le tasche del giaccone sono pieni dei soliti gadget di plastica delle feste di laurea.
Immagina il terrore di un giuovane a penetrare nel terribile Triangolo Rosso.
Pensaci:
Se avessi sete e non ti dessero da bere?
Se dovessi schivare terribili sgabelli volanti?
Se ti scambiassero per un altro?
Se ti apparisse il fantasma di PeppeCrillo?
E se ti sbalji, ti corrigeranno?
Non lesinare, giuoca al giuoco dell’oco.
E diventa uomo.
OCOsmall

–> scarica il giuoco dell’oco
–> scarica le istruzioni

L’ombroso ventuno: ora et livora

Se come noi siete stanchi di nascondere la montante rabbia inconsulta che tanto fa bene esternare, questo è un numero che vi riempirà di gioia.
I nostri laboratori scientifici hanno dimostrato che reprimere e comprimere lo scatto d’incazzosità deprime la ghiandola pineale e fa male alla pelle. Ne deriva un accumulo di tossine tale che non si è più in grado di discernere la merda dalla Nutella. Come primo sintomo, l’animale sociale ingabbiato nel suo piccolo mondo finisce per infufarsi di cose irrisorie, dimentico che l’ira funesta bisogna calibrarla e indirizzarla verso quei target, apparentemente intoccabili, che lo stanno prendendo per il culo da un’eternità.


in questo numero:

– Del perché non vi/ci sopportiamo più, di Minali e Max Brododidado
– Il mio dirimpettaio, di Silvio Fato
– Solo contro tutti…, di Il Miserabile Jean
– La passione del nuoto, di Quel Brutale Finalmente
– E lucean le sthellas di Alì Tosi
– Tutte le tette di tuitte, di Lord Scoppiafica
– Qualcuno volò sul nido dei Nomadi, di Quel Brutale Finalmente
– saggezza fuori dai denti da Una suora coi baffi

il tutto odiosamente adornato da figurine e scarabocchi impenitenti.

Di come il Principe Ugenio ascese al Paradiso degli Uroi – V parte

(continua dal quarto capitolo) la Vera Istoria della Prinz di Ugenio, da Eiaeialameina Cameratellas basalticamente scolpita nel corredino del piccolo Benito e da quest’ultimo dettata alla Madonna Incoronata di San Lopette in seguito alla conquista di Paperopoli e da questa riportata per infilo e per insegno nell’apparizione a Natalino Otto, vero ultimo discendente d’Absburgo per parte di asino)

Sonatele belle al Ricciardo de Martinis, il Principe Ugenio fu aggredito didietro a un cantone da un Bisatto Orendo, mostro oribile albergante nelle valli del Popò. Tali e tante furono le vergate che il nerboruto scudisciò all’Ugenio, che questo, non potendo più opporre le silenti difese, alfin con un gemito cadette in deliquio.
E fu forse all’undicimillesimo lampo del frustone che il suo fisico non resse più, e con vigore spirò alla giovine età di ottantotto anni.

Ma ecco che, senza por tempo in mezzo, egli si trovava già svolazzante alla guida della sua cara Prinz, con al fianco la cagnetta Conocchia, sorvolando le docili colline dell’amore. Quel securo non si pose quistioni, come è proprio delli uomini d’azione, ma capì subito che stavasi sfarfallando in direzione ebbene sì del Paradiso degli Uroi.

Mentre entrava dal verde cancello del campo elisio, per lui quarantaquattro gatti esplosero con dei Pino Raudi nel bassofondo, e squartati o per meglio dir smezzati lo salutarono con l’usata marcetta: “Prinz Ugen der Golden Retter…” et tutti li Uroi del Paradiso gritarono il loro “Heil Henckel” a cimentar da subito di vivido collante la loro futura ed eterna unione.

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Il premio Dodici Apostati

I premi in generale mi mettono malinconia. Alcuni, in particolare, m’inducono a una desolante consapevolezza della vanità e insensatezza dell’umana universale vicenda e da un annichilente senso di solitudine.
Uno di questi è il premio del ristorante dodici Apostoli.
Il ristorante dodici Apostoli si definisce un antipremio perché non mette in palio soldi. In realtà è un premio come molti altri e vuole fare spettacolo distribuendo riconoscimenti a cappella, che è un vecchio trucco per farsi pubblicità senza scucire il fondo della giacca.
I dodici apostoli da trentacinque anni distribuiscono in Verona ben due premi a casaccio ogni anno: stilano un eterogeneo elenco di giornalisti o generici intellettuali e i primi due che si danno disponibili a cenare a macca al Dodici apostoli li premiano in pompa magna.
Ma evidentemente non bastandogli, da tre anni a questa parte il celebre ristorante è prodigo anche di un terzo riconoscimento e di questo terzo premio si dura veramente fatica a capirne il senso. Premiano un letterato. Ma non un letterato che possa scroccare la cena, nossignori, un letterato defunto, però non uno sfigato qualsiasi, un letterato coi controfiocchi. Lo si invita alla cena senza chiedere il suo permesso e gli si appatacca sul petto una inguardabile fusione in bronzo del cuoco Gioco.
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L’ombroso venti: vizio, supplizio e raccaprizio

A noi ci piace soffrire. D’inverno la nebbia, d’estate le zanzare. In mezzo la Lega. Questo numero allora lo dedichiamo a chi trae sottile piacere nel farsi del male e vive felice lo stesso. Ebetismo e masochismo sono i tratti salienti che distinguono gli innumerevoli slaves della città inconsapevoli di esserlo. Non nascondetevi, siamo qui per darvi una mano, o se preferite una frustata: uscite allo scoperto, fate il vostro coming out e dichiarate finalmente: «a Veronda reprimenda e cumenda, indi godo sodo oltremodo».
Nessun compatimento, solo patimento.

in questo numero:

– Siamo masochisti intrinseci, eccone la prova
– Latet latex in Veronda
– Lettere al tuo carnefice, di Crucifix
– Di traverso nell’abisso, di Lord Scoppiafica
– parole di conforto da Una suora coi baffi
– le recensioni di libri, musica e film per una fresca estate bdsm

il tutto, con quel tocco di finesse che ci contraddistingue, appesantito da scurrili illustrazioni pecorecce.