di Livio Fasto
Inizia così un sermone domenicale del nostro vescovo, HIC NOSTER di Verona, come ahimè, NOSTRO è il sindaco, NOSTRA è la tifoseria… non dimentichiamo, soprattutto voi signori dell’opposizione, non basta un simbolo diverso per avere la coscienza a posto: Homo sum, humani nihil a me alienum puto.
Si parla ordunque del Nostro prete maximo, il quale non è quello di Legnago, come recita quella famosa ballata tante volte sentita in queste desolate lande, degna del miglior Nicola Caverna.
Magari fosse quel simpatico vecchiotto dipsomane che nelle note della canzone ci fa sorridere e apparire meno distanti i prelati di ogni genere quando vengono scoperti nei difetti tipici della commedia umana.
Un pò alticcio il vescovo quando scrive lo sembra: farfuglia, cita, zig-zaga in azzardate e arzigogolate connessioni logiche, recita un pensiero, poi si lancia in sferzate contro la moralità perduta dei nostri tempi e lo si ritrova qualche paragrafo successivo a ripigliare un discorso che oramai non ricorda più nessuno.
Forse quando dice messa gli scappa nel calice qualche stilla di troppo del dolce nettare e il gomito alzato allora non è più solo la parte del suo corpo che erge assieme al calice verso Dio, ma proiezione della sua mente che vacilla sotto i colpi della dionisiaca bevanda.
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