(continua dal quarto capitolo) la Vera Istoria della Prinz di Ugenio, da Eiaeialameina Cameratellas basalticamente scolpita nel corredino del piccolo Benito e da quest’ultimo dettata alla Madonna Incoronata di San Lopette in seguito alla conquista di Paperopoli e da questa riportata per infilo e per insegno nell’apparizione a Natalino Otto, vero ultimo discendente d’Absburgo per parte di asino)
Sonatele belle al Ricciardo de Martinis, il Principe Ugenio fu aggredito didietro a un cantone da un Bisatto Orendo, mostro oribile albergante nelle valli del Popò. Tali e tante furono le vergate che il nerboruto scudisciò all’Ugenio, che questo, non potendo più opporre le silenti difese, alfin con un gemito cadette in deliquio.
E fu forse all’undicimillesimo lampo del frustone che il suo fisico non resse più, e con vigore spirò alla giovine età di ottantotto anni.
Ma ecco che, senza por tempo in mezzo, egli si trovava già svolazzante alla guida della sua cara Prinz, con al fianco la cagnetta Conocchia, sorvolando le docili colline dell’amore. Quel securo non si pose quistioni, come è proprio delli uomini d’azione, ma capì subito che stavasi sfarfallando in direzione ebbene sì del Paradiso degli Uroi.
Mentre entrava dal verde cancello del campo elisio, per lui quarantaquattro gatti esplosero con dei Pino Raudi nel bassofondo, e squartati o per meglio dir smezzati lo salutarono con l’usata marcetta: “Prinz Ugen der Golden Retter…” et tutti li Uroi del Paradiso gritarono il loro “Heil Henckel” a cimentar da subito di vivido collante la loro futura ed eterna unione.
E tutti vennero a felicitarsi con lui, piangendo smodatamente per le immonde nefandezze che avea sofferto dal Bisatto. E lì riconobbe dei sani e vigorosi sportivi che avrebbe ben accompagnato più tardi nei falli da tergo, e delle fulve vagine pennute struggenti di amore per le divise col toupet, e ancora dei numerologi indefessi che si chiamabano gli Ottentotti, o dei bei cristoni cispadani alfieri della Traduzione della Carta d’Identità.
Ma assai più di quelli attizzò la sua curiosità un vecchio misterioso, che in verità olezzava assai perché portava sempre la stessa giacchetta. Esso vecchio non parlava per un suo voto, ma ciò non gli impedì di accompagnarsi a lui per raccogliere rose e gladioli, nelle quali occasioni il vecchio spesso mostravagli l’artiglieria.
E Ugenio ne fu infinitamente felice, anche se spesso a sedersi sulla Carega gli faceva un mal de l’Osteria.