Giulio Meazza e le mutandine usa e getta

La potenzialità e la tendenza autolesiva del capitalismo è ormai fatto acclarato e risaputo ai più. Perciò è forse inutile dilungarsi in proposito, tanto più quando ci si rivolge a quella parte della società a cui è rimasta, dopo l’ultimo traumatico ventennio, ancora la consolazione di qualche pensiero, tra uno spot e l’altro.

È che talvolta la cecità arraffona dell’imprenditore raggiunge un tal grado di sapienza asinina che io ancora una volta, da sotto il macigno dove sono nascosto, non posso non cedere alla tentazione di invitarvi a mettervi al riparo e ad allacciare contatti attivi con l’ombra.

Ditemi secondo voi quanti punti vendita di libri negli ultimi due anni (2011 e 2012) in Italia sono rimasti in attivo dando lavoro a quindici dipendenti. Dico, un esercizio che vende libri, non scarpe né mutandine o gratta e vinci. Possiamo dire che si contano sulle dita di una mano? In ogni caso quello che so è che una di questi è la libreria Gheduzzi, Giubbe Rosse. Una realtà locale che dovrebbe rappresentare una risorsa per la società in cui con difficoltà e tenacia è riuscita a radicare e a sopravvivere contro l’aridità dei consumi e contro la crisi economica.

Ma come spesso accade anche la realtà locale dipende da entità cerebrali astratte e lontane e può capitare che la libreria Gheduzzi di corso Santa Anastasia passi da una mano all’altra come una carta del mercante in fiera. Può capitare che il nuovo padrone si chiami Mondadori. Il quale, astutamente, acquista una scatola piena di libri e dipendenti, dipendenti con radici e competenze, e la svuota. C’è da chiedersi quale sia la strategia di questo sedicente sig. Mondadori al quale quello che interessa non è il contenuto, che abbruttisce e appesantisce, ma solo la scatola vuota. È per quella che ha pagato. Non è incredibile? Non si sa perché lo faccia, cosa gli frulli per il cervello, forse è un meccanismo di puro autolesionismo del sistema, forse gli serve per far vedere agli investitori innervositi che lui sta muovendo il denaro, che sta comprando e vendendo e che in qualche modo se ne verrà fuori. Ma comunque sia, una volta acquistata la scatola, il sig. Mondadori la rovescia e la svuota di tutto quello che c’era dentro. Compresi i dipendenti con le loro competenze del cazzo, perché le uniche competenze che interessano sono quelle del sig. Mondadori: fuori dalle palle, oppure, tu e tu e tu, se proprio non volete fare la fame, questa è la scopa, questo il buco del culo e i cinque che restano possono cominciare a ramazzare e portare pazienza che c’è la crisi.

In verità la crisi c’è da quando è arrivato il sig. Mondadori, perché prima, come detto, il punto vendita funzionava. Tant’è, signori lavoratori, signori clienti, lo vedrete se non c’è la crisi, vedrete che in capo a venti mesi il sig. Mondadori dichiarerà il fallimento, licenzierà i quattro stagisti che gli saranno rimasti arrampicati come scimmie sugli scaffali pieni di libri da autogrill e finalmente lascerà il campo a un negozio di mutande per signora, che magari costeranno qualcosa di più dei libri, ma di cui è molto più facile fare la pubblicità, che come è noto è l’anima delle sorti progressive del capitalismo globale.

Quanto al sottoscritto, dal buco dove mi sono infrattato, non è che proprio mi danni l’anima per le pippe della finanza di inizio millennio o dei reggiseni e mutande delle signore o delle sorti dei Remainder Center usa e getta.

Ciò che più mi ferisce e addolora personalmente è che la Gheduzzi mi doveva ancora il ricavato di ben non ricordo quante copie di Adieu Pearà prima che quel galantuomo del sig. Mondadori ribaltasse tutto nell’immondizia, non solo i dipendenti, ma anche i libri e le fatture e tutto quanto il resto con dentro il mio miserabile credito.

Perciò, la prossima volta che andrete da Gheduzzi-Mondadori, mettetevi pure in tasca un libro, e se qualcuno ve ne domanderà mercede, voi gli risponderete: «Sono già d’accordo con il Meazza, quello che prima ride, e poi si incazza».

Giulio Meazza

13 PICCOLI GHEDUZZIANI… e poi non rimase nessuno

Tredici poveri gheduzziani
la libreria volean comprar:
ma il paròn fece la liquidazione
e il direttore non restar.

Dodici poveri gheduzziani
chiedon solo di lavorar:
ma c’è il bilancio da pareggiare,
nove soli ne restar.

Nove poveri gheduzziani
fan ricorso tutti al Tar:
ma uno ha il contratto in scadenza,
solo otto ne restar.

Otto poveri gheduzziani
si ritrovan nella bagarre:
uno dice: “così non lavoro”,
sette soli ne restar.

Sette poveri gheduzziani
con famiglie da sfamar:
ma una va a partorire,
e sei soli ne restar.

Sei poveri gheduzziani
son rimasti a lavorar:
col futuro a tinte fosche
chi dà a loro DIGNITÀ?

Forse il super stagista venuto dalla galassia Omicron Mega riuscirà a risolvere tutti i problemi della libreria Gheduzzi (mondadori). Noi, mentre chi deve decidere le sorti dei dipendenti di una delle librerie più frequentate della nostra città si sta probabilmente ingozzando di foie gras, possiamo solo unirci nella lotta per i diritti dei lavoratori e gridare:

LODE ALLA DIGNITÀ DEI LAVORATORI E LODO LODO LODO A MONDADORI!!!