(Riceviamo e volentieri pubblichiamo)
Agec, l’azienda che ti accompagna dalla culla alla tomba, passando per la gestione degl’immobili di pubblica proprietà, nel giorno di sabato 4 dicembre, alle 16, ha festeggiato i 100 anni dalla sua fondazione. L’anniversario poteva essere una buona occasione per riflettere sulle origini e sui progressi di questa storica azienda, nata, se non ricordo male, in seguito a un referendum popolare (sul sito, non trovo accenni di sorta, pare una cosa nata dal nulla: e anche questo silenzio è significativo).
Dunque, sabato 4, messa in duomo presieduta (sic!) dal vescovo Zenti, invitati anche gli inquilini con apposita lettera, presente al gran completo tutto l’establishment. Assente Tosi, giustificato (quand’è sabato pomeriggio…). Chiesa gremita, anche di gente semplice, organista, archi. Non mancava niente. Sui banchi, una plaquette molto raffinata, con le orazioni, le letture, il programma.
Il vescovo fa una predica delle sue, parlando di disponibilità, accoglienza (ma con i «dovuti modi»), servizio, riconciliazione. Si capisce già da questo che la messa è solo rivolta al personale di Agec. E di fatto, al termine dell’omelia, un elegante dipendente recita le preghiere dei fedeli, tutte dalla parte dei responsabili del servizio. Fine. Il vescovo riprende la celebrazione, ma ecco che veloce come un fulmine si alza una signora, va al microfono e recita la seguente preghiera:
Proteggi Signore questa Azienda gestione edifici comunali e aiutala perché assegni le case a chi ha veramente bisogno, perché applichi correttamente le leggi in materia ed eviti di applicare l’articolo 2 legge 432/98 alle case pubbliche; perché eviti di ascoltare le sirene dei politici e degli amici e ascolti invece la voce sincera di chi ha veramente bisogno.
Cala un silenzio di tomba. Ma il vescovo, che è anche uomo di mondo, si riprende rapido e dice “Venga il tuo regno Signore”, con questo offrendo un imprimatur alla preghiera dell’impavida.
Le parole finali sono del presidente di Agec, Venturini e dell’assessore Polato. Pare il presepio: l’uno bela, l’altro muggisce, non si capisce quello che dicono.
Alla fine, il soprano in vesti da parata se ne esce dal coro, invade lo spazio della celebrazione e interpreta musiche che pare di essere all’opera. Ci sarà malcontento, poi, da parte dello staff del duomo: nessuna sacralità. Il vescovo sale abbastanza veloce “in casa”. Squittisce invano, volendolo omaggiare, una signora delle istituzioni veronesi, che credevo laica. Buffet per tutti in corte canonicato. Presumo al freddo e al gelo, come il bambingesù.
Di seguito, gran festa finale con concerto in palazzo della Ragione: ingresso vietato agli inquilini, solo riservato ai dipendenti Agec. Ha modo di appurarlo la signora che con ardimento ha parlato dal pulpito. La signora è stata dichiarata inabile al lavoro, e di fatto licenziata dal Comune di Verona; il giorno 15 di questo mese andrà a farle visita definitiva l’ufficiale giudiziario, perché l’Agec ha ritenuto di doverla sfrattare, risolvendo contenziosi, invero difficili e penosi, con un colpo di sega. Agec ha molte risorse, fa la pappa ai bambini, usa ravanare nelle tombe a tutto spiano, ma non trova il modo di risolvere le situazioni problematiche.
Quelle per cui servirebbe la sega de puìna, come mi raccontava mio nonno.