Sugo verde

Nostalgia.
Nostalgia per i bei tempi andati.
Allora tutto era più semplice. Di più, sempliciotto.
Quando erano ancora poco più che balilla facevano le loro belle marcette a passo dell’oca e braccio teso, sventolavano felici i bei bandieroni italiani con le croci celtiche e i vessilli nazionali. Poi subito dopo sono finiti a marciare con gli altri sventolatori di bandiere, quelle con gli Alberti da Giussano e i leoni di san Marco, uniti inspiegabilmente per la fondazione di un nuovo ordine. I menefrego garrivano al vento su elmi druidici.
In tempi non sospetti, è vero, qualcuno già sospettava che dietro a tanta gagliarda prosopopea si nascondessero interessi di più basso profilo.
Oggi che si gioca a carte scoperte, che hanno tolto il coperchio al pentolone padano, ci accorgiamo che stavano cucinando il loro bel minestrone fatto di biechi interessi da cortile, né nazionale né padano: quello di casa loro. Frantumati gli orizzonti di gloria, rimane solo la questua per una poltroncina in prima fila.
Fortuna che si può sempre contare su di una salda certezza: il quoziente d’intelligenza dei propri elettori.

Tralasciando per un momento il pruriginoso senso di ribrezzo per la corsa all’accaparramento di un posto al sole delle Alpi e il fastidioso blaterare assurde promesse di risolvere tutto ma proprio tutto (dalla crisi occupazionale alla morosa che ti molla) in cambio di un voto, vorremmo soffermarci un attimo sulla brutta fine che a livello locale sta facendo quella vecchia gioventù padana-neobalilla in nome della vil carega. Gli antichi ideali di patria-mamma-frecce tricolori, branditi un tempo tra un braccio teso e l’altro, si stanno squagliando in un indifferenziato sugo verde.
Quasi tutti i caporalmaggiori che il feldmaresciallo Nichi Pasetto aveva allevato come amorevole chioccia son passati armi e bagagli sulla sponda del neopadanesimo d’accatto. È una corsa affannosa e sgomitante a chi per primo riempie di saliva la mano del Granpadano Flavio, dispensatore di benedizioni e incarichi. Dimentichi così dei motti nazionalisti, supinamente ci si inchina inclini a sposare la causa del tricolore-carta-da-culo. Al grido di “eja-eja la pearà!” Migliornazi, Energiapura Mariotty, Vittorio By God sono ormai la vecchia guardia, incistati nel potere politico ed economico locale da troppo tempo. Ma sono esemplari anche gli ultimi acquisti alla corte affollata del sindaco di (quasi) tutti i verondesi: tra le truppe caramellate risplendono di luce propria il Ciro-speriamo-che-sia-Maschio (alzi il braccio teso chi se lo ricorda marciare a saluto romano innestato, in un tripudio di celtiche, a Trieste in difesa dell’italianità istriana, in compagnia di Giorgetty, Bajony e altri amici del boiachimolla) e lo sbarbato Marcellino Antisistema Ruffo, barista di CasaPound, l’associazione fascistissima che occhieggia garrula ai nemici della patria.
Schei&osei hanno sempre fatto gola ma pensavamo ci fosse un limite antropologico, varcato il quale l’homo musolinensis si sarebbe virilmente rifiutato di abiurare baciando la bandiera dei Roma-Ladrona.
Virilmente invece l’homo abiurò. In cambio di briciole di polenta.
Si cavalca l’ondina verde alla moda (occhio però che non diventi presto “out”), il fascismo trendy scaligero oggi veste Volta&Gabbana.