Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che gli piace. Disse il cronista guardando il topo di fogna rovistare tra i pannoloni dei vecchi concittadini timorosi di dio oltre che del fisco e, nel tempo libero, degli extracomunitari.
Il boccone si fa sempre più amaro. Ma non disperiamo, a chi se la fa piacere la bellezza di questa città saprà riscattarlo dall’insopportabile sapore di merda. La vocazione prima e sola di questo glorioso Comune – già si rintraccia nella vacuità estetizzante di alcuni Capuleti – è la falsità, sempre presente nell’era moderna nella sfacciata vanità delle sue pulsioni rettificatrici e decorative. Ne è massima espressione la vicenda urbanistica, dalle razionalizzatrici velleità del Camuzzoni, passando per la pretenziosa deregolazione di Borgo Trento fino all’era contemporanea inaugurata dalla Sironi in stato di vascheria che cominciò a lastricare le vie del centro di improbabili marmi hollywoodiani. La smania di decoro, di eleganza, di bellezza non ebbe più freni verso il parossismo di via Mazzini dove l’isterismo dell’acquisto compulsivo si venne a sfogare a costo di rovinoso indebitamento, di riduzione in schiavitù, di sordido commercio col popolo delle pantegane, disposto a ogni compromesso per avere un ricciolo in più sulla testa, una toppa sul petto, una ben codificata identità estetica. Ed ecco, a coronamento del bel lavoro, in esclusiva sull’ultimo numero, la definitiva riforma toponomastica che rende a Sboarina quel che è della Sironi.
Ma davvero Verona la Falsona è bella, la più bella, sorella minore ma più procace, più ordinata, più pulita, più fronzolosa e civettuola di Venezia e di Firenze messe assieme, vale davvero la pena di adeguarsi.
Sorride Cangrande, sorride Madonna Verona, sorride persino san Zeno, anche se era un extramoenia. Sorridete anche voi insieme al nuovo numero di L’ombroso che vi svelerà il segreto della Falsona.
Siete di Veronda se…, recitava un simpatico videogiochino subsociale atto a rinsaldare la confusa identità, ma quelle sono stronzate da dilettanti, siete veramente di questa città solo se siete belli, ricchi, puliti, sorridenti e profumati… e perciò se siete da Bussolengo o da Vangadizza non potete certo dirvi Veronesi, perché qui da noi la bellezza è tutto. Il resto è solo un inutile rimasuglio di pensiero appiccicoso estratto dalla narice sinistra.
E allora tutti insieme, crediamoci, crediamo che i bei vestiti riscattino le infamie, che il prestigio sia la sostanza delle cose, che le superfici lucide e le lucette diano la felicità, che le divise ordinate facciano sicurezza e che la giusta montatura degli occhiali ci cambierà l’esistenza. E vedrete che anche il prossimo pandoro ci sembrerà commestibile.
In questo numero:
– Disquisizione sull’effetto placebo del bello
– Cronica sportiva, di Silvio Fato
– BBW – Big Beautiful Werona, di Karl Vetriolo
– La fighezza ci salverà, di Max Brododidado
– Paginone centrale: la nuova toponomastica
– Brutta più di una merda, di Sacapoche
– Capire le sacre scritture: Genesi 31-35, Origine divina della sciatalgia, de Il Miserabile Jean
– El Malmostoso, di Pastis Abeba
Un numero estetizzato per l’occorrenza da fighissime illustrazioni prodotte sotto il giogo di orripilanti gnomi malefici.