Foedus Catholicum. E la domenica vogliamo le lapidazioni in piazza.

L’imprescindibile tema del crocifisso continua a mantenere vivo il fervente dibattito culturale, soprattutto in una città timorata e timorosa. La lega degli uomini spaventati ha chiamato a raccolta i suoi fedeli e fatto subito indossare comode tuniche da crociati nell’eventualità si debba tutti partire in gita per Lepanto (a euro 29,90, set di pentole compreso).
A Verona è così tutto un fiorire di lodevoli inissiative. Pullulano le raccolte di firme promosse dai tutori della libertà vigilata, le prese di posizione pubbliche di politici contriti e genuflessi che fanno a gara a chi sgrana più rosari, le mozioni comunali e provinciali contro quella di Strasburgo, non solo a favore del crocifisso nelle aule scolastiche ma addirittura proponendo di dotarle di vere croci grandezza uomo (per veicolare meglio il messaggio di amore, anche ai miopi), gli articoli sul bollettino parrocchiale "L’Arena" che ci allertano sul pericolo che corrono financo lo stemma del Comune (gh’è na croce!) e il nome del rione della Croce bianca se continuassero a spirare i venti della decadenza relativista-laicista-europeista. In provincia si scatenano, non vogliono essere da meno e perdere il primato di basabanchi certificati d.o.p. Multe per chi non appende il crocifisso a scuola, moltiplicazioni miracolose di Gesù appesi in ogni dove, ipotizzato ripristino della crocifissione in sala mensa come monito.
L’identità e i suoi valori (figa, hellas, pearà, crocefissi, non obbligatoriamente in quest’ordine) vanno preservati, a spada tratta e crocifisso al col.
Riportare uno stralcio del discorso del consigliere provinciale leghista Adelino "Braveheart" Brunelli, così ricco di lirismo e al contempo di determinazione nel voler immolare la propria vita e quella dei suoi vicini di villetta a schiera a difesa della cristianità, dà il senso del clima da vero orgoglio crociato che orgogliosamente respiriamo a pieno costato: «La prima cosa che gli oppressori tolgono è l’identità», dice Brunelli, «e noi dopo aver perso la lingua, la moneta, i presepi, le canzoni di Natale, ora rischiamo di vederci confiscare una bussola di fede e identità che era in tutte le case e spesso baciavamo prima di andare a letto. Chiederemo le firme alla gente padana». Ci hanno rubato le canzoni di Natale… bastardi! Vado subito a baciare un crocifisso che mi sta calando la palpebra.
Bei tempi. Che hanno i loro vantaggi. Non c’è più bisogno di andare al torneo medievale al Caneva, il medioevo ti viene a trovare a casa, a scuola, in ufficio.
"Giù le mani dal crocifisso!" vergano misteriose mani sui muri della città.
Giusto, giù le mani. Tranne quelle del Jesus, ovvio, che poi sennò perde l’equilibrio e cade.

Chi ci critica velatamente di veicolare da queste pagine l’ideologia dell’ateismo antropofago maoista è in errore. La nostra fede cristiano-padana non è in discussione, più infervorata che mai.
Qui sotto l’illuminante prova provata comparsa mesi orsono su L’ombroso numero cinque. Altro che mangiapreti, anticipatori di fede siamo!

 

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