Il crocefisso, lo scettro e la picana

Ovvero dell’incredibile menage tra vescovo Zenti, monarchici tradizionalisti e tonache amiche di torturatori argentini.

Prima una pre-messa: auspichiamo che proprio domenica il vescovo di Verona dalle pagine de L’Arena, come è suo costume, ci indichi la via per non cadere in tentazione.
Magari salmodiando sull’amore cristiano. O perché no, sul peccato nel commettere atti impuri.

A Verona tutto ormai è possibile, bellezza, basta volerlo.
Facciamo un po’ il cazzo che ci pare, soprattutto se ci va di ripescare idee, uomini, azioni dalle cloache della storia.
Che nessuno si azzardi poi di tacciare i veronesi di essere razzisti o fascisti (mere strumentalizzazioni maoiste!). Al limite a noi stanno simpatici preti collusi con una delle più sanguinarie dittature sudamericane, al limite.
E allora, fiato ai tromboni, fate schioccare la vostra picana che sta per arrivare "S. Ecc. Rev.ma Mons." Juan Rodolfo "Garage Olimpo" Laise.
Invitato domenica 19 ottobre da un sempre più rabbrividente vescovo e ospitato dai divertenti tradizionalisti cattolici di "Una Voce" a Santa Toscana, il prete Laise avrà il compito di amministrare le cresime su incarico del buon Zenti. La succulenta occasione è un’irrinunciabile messa in rito romano antico in onore del beato Carlo d’Asburgo, ultimo imperatore d’Austria e re del Lombardo-Veneto (evento condito da coro imperiale e salve di fucileria… benvenuti nella civile e ospitale Tosilandia).
Chissà quante cose per l’occasione il prelato argentino che vive a San Giovanni Rotondo avrà da insegnare ai poveri pargoli.
Potrà elargire loro ad esempio una lezione di storia.
E raccontare dei bei tempi argentini. Chi meglio di lui.
Il suo nome compare in una lista di 25 vescovi ritenuti complici della feroce dittatura argentina resa pubblica dalle associazioni per i diritti umani del paese sudamericano, tra le quali le Madri di Plaza de Mayo.
Qualcuno ricorda? Do you remember, Rudolph?
«Una delle mentalità più cavernicole di tutto l’episcopato» (così lo descrive un libro sui rapporti tra chiesa e dittatura argentina edito dai comunisti dell’Editrice missionaria), vicino agli ultra-reazionari di Tradizione, Famiglia e Proprietà (associazione catto-militarista brasiliana amica di latifondisti e squadroni della morte), Rodolfino non ha mai taciuto delle sue simpatie per una dittatura responsabile della sparizione di circa 30.000 persone, di migliaia di ammazzati, detenuti politici, esiliati.
L’Arena, che incredibilmente per una volta fa del giornalismo, il 16 ottobre riporta ciò che scriveva il quotidiano argentino Pagina/12 (Diego Martinez, «L’incredibile caso di monsignor Laise, il vescovo che chiese di far sparire un prete», 23 dicembre 2007): «Nel 1976 Laise chiese al massimo responsabile militare della provincia di sequestrare un sacerdote che aveva lasciato l’abito talare per sposarsi. (…) Quando le madri degli scomparsi o dei detenuti politici di San Luis cominciarono a bussare alle porte della Curia, Laise fece mettere un cartello con la scritta "Non si ricevono familiari di sovversivi". (…) Le sue visite al generale Luciano Benjamin Menéndez, padrone della vita e della morte in tutto il nord dell’Argentina, erano abituali». Insomma, il nostro suggeriva quali pecorelle smarrite far scomparire.
Che uomo, che spirito misericordioso.
E tutto questo ben di Dio lo possiamo ammirare a Verona grazie al nostro vescovo, ai circoli di frustrati nostalgici di "ordine, tortura e tradizione", al clima di accoglienza ecumenica nella città dell’amore.

Ma in fondo, chi siamo noi per giudicare l’operato di un uomo di Dio?
Frequentò la feccia dell’umanità, va bene, ma non è forse Laise un super-timorato benedetto e cullato da madre chiesa che firma contrito petizioni contro la pena di morte?!
No, non possiamo condannarlo semplicemente perché bazzicava allegrotto le case di sadici aguzzini nazisti e non ha mai dimostrato il minimo pentimento cristiano per le sue imbarazzanti amicizie.
Ci fermiamo allora e facciamo parlare un po’ la storia. Che a noi ci scappa un po’ da cagare.

Nostalgia canaglia. L’Argentina che piaceva tanto a Juan Rodolfo.

«Prima elimineremo i sovversivi, poi i loro collaboratori, poi i loro simpatizzanti, successivamente quelli che resteranno indifferenti e infine gli indecisi».
(Frase di un generale argentino, ripetuta da Jorge Rafael Videla)

La guerra sporca (in spagnolo: "Guerra Sucia") è stato un programma di repressione violenta di ribelli e dissidenti condotto da forze governative; caratterizzato dall’uso di sparizioni, torture, assassini e altre operazioni segrete e dalla massiccia violazione dei diritti umani e civili. Questo tipo di guerra si svolse in Argentina tra il 1976 e il 1983, e in diversi paesi dell’America Latina nel corso degli anni ’60, ’70 e ’80.
Il 24 marzo 1976 i militari, con il consenso o quanto meno con l’indifferenza della popolazione argentina, promossero l’ennesimo colpo di stato e presero il potere.
Videla (esercito), Massera (marina) e Agosti (aeronautica) formano la prima Giunta Militare del "Processo di ricostruzione nazionale" e sono i responsabili politici dell’eliminazione fisica degli oppositori. Cadranno nelle sanguinarie mani della dittatura guerriglieri, studenti, intellettuali, operai, artisti oltre ad amici e parenti di "sospettati".
Il colpo di stato del 24 marzo 1976 venne programmato con largo anticipo e venne preceduto da una accuratissima operazione di disinformazione, intesa a diffondere nell’opinione pubblica (sia argentina che internazionale) la convinzione dell’assoluta necessità di ristabilire l’ordine e di sconfiggere il terrorismo. Si volle soprattutto evitare di ripetere gli errori commessi da Pinochet in Cile, dove i militari nella loro arroganza fecero spettacolo della violenza e della ferocia con cui si reprimeva il popolo. Non ci furono a Buenos Aires gli stadi pieni di detenuti, non ci fu il bombardamento del palazzo presidenziale, così tragicamente evidenziato dalla morte del presidente eletto dal popolo, come a Santiago; non ci furono carri armati per le strade; la città sembrava normale, le operazioni si facevano con camion e macchine senza targa, di notte, con uomini in borghese. Nacque così l’idea strategicamente brillante dei desaparecidos, cioè quella di far scomparire nel nulla le persone prelevate.

Di notte giravano camionette blindate o macchine che strappavano dalle loro case le vittime che portavano in luoghi segreti che solo i militari conoscevano. Al mattino, quando le persone chiedevano della sorte degli scomparsi, la polizia non dava risposte o diceva che erano stati arrestati per determinati reati.
Ebbe così inizio, lentamente, il più grande genocidio della storia argentina e la pagina più buia della storia contemporanea. I sequestri furono sempre più frequenti e si ripetevano sempre secondo le stesse modalità. Non erano gruppi incontrollati dell’estrema destra, come voleva far credere la Giunta, ma vi era una struttura centrale che li coordinava.
La maggioranza della popolazione era terrorizzata e non era nemmeno facile trovare testimoni. Nessuno aveva visto nulla. In questo modo migliaia e migliaia di persone diedero forma a una fantasmatica categoria, quella dei desaparecidos. Nessun interrogativo trovò una risposta: la Polizia non aveva visto nulla, il Governo faceva finta di non capire di che cosa si stesse parlando, la Chiesa non si pronunciava, gli elenchi delle carceri non registravano le loro detenzioni, i magistrati non intervenivano. Intorno ai desaparecidos si era alzato un muro di silenzio.

Durante il periodo che va dal 1976 al 1983, in Argentina ci furono 2.300 omicidi politici, circa 30.000 persone vennero uccise o "scomparvero" e molte altre migliaia vennero imprigionate e torturate.
Tutte le esecuzioni dei dissidenti furono senza processo, sia perché i militari volevano fare le cose più sbrigativamente, sia perché non si voleva far sapere all’estero di tutte quelle esecuzioni. Dei 30.000 uccisi in Argentina 4.000 vennero narcotizzati e gettati vivi nell’oceano Atlantico o nel Rio de la Plata, mediante i famigerati voli della morte (vuelos de la muerte): vivi perché i loro polmoni, al respirare, si riempissero d’acqua e affondassero i corpi. Se cadevano morti, infatti, nei polmoni sarebbe rimasta l’aria e i corpi sarebbero rimasti a galla, lanciando l’allarme.

All’interno delle singole unità delle Forze Armate e della sicurezza vennero organizzati dei centri clandestini di detenzione, dove venivano portate le persone sequestrate, sottoposte a torture e nella maggior parte dei casi eliminate.
Le "sessioni" di tortura erano sorvegliate da un medico che controllava i limiti di tolleranza della vittima e determinava il proseguimento o la momentanea sospensione della tortura se la vittima non era in grado di reggerla. La valutazione preventiva per capire se la persona da sequestrare o sequestrata avesse qualcosa da dire d’interessante per i sequestratori era pressoché inesistente. Questo metodo indiscriminato portò al sequestro e alla tortura degli oppositori ma anche dei loro familiari, amici, colleghi di lavoro e di un numero rilevante di persone senza alcun tipo di pratica politica o sindacale. Bastava molto poco per essere considerato sospetto. Il prigioniero poteva morire sotto tortura, essere fucilato o gettato in mezzo all’oceano. Il suo cadavere sarebbe stato forse sepolto nelle tombe comuni di cimiteri clandestini, cremato o buttato in fondo al mare con un blocco di cemento ai piedi. Anche se la dittatura militare aveva modificato il codice penale introducendo la pena capitale, ufficialmente non ci fu nessuna condanna a morte.
Secondo i torturati e gli stessi carnefici, i soldati incaricati della repressione applicavano i seguenti supplizi:
– Scariche elettriche ad alto voltaggio, specialmente nelle parti delicate del corpo (genitali, capezzoli, orecchie, gengive).
– Ustioni alle ferite tramite sigarette oppure piccoli lanciafiamme.
– Rottura di alcune ossa del corpo, in genere piedi o mani.
– Ferimento dei piedi con spille o oggetti appuntiti.
– Pestaggio a sangue delle vittime. A volte, per non lasciare tracce, venivano pestate con sacchetti di sabbia.
– Immersione del viso in escrementi fino al soffocamento.
– Torturati appesi a testa in giù per un tempo indefinito.
– Torture fatte alla vista dei parenti, stupri e pestaggi.

informazioni storiche tratte da:
http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_sporca
http://archivio.rassegna.it/2006/speciali/articoli/argentina/03.htm
http://www.presentepassato.it/Dossier/Diritti_98/12militari_arg.htm
http://www.pagina12.com.ar/diario/elpais/1-96846-2007-12-30.html
http://www.memoriando.com/noticias/501-600/554.html

sulle sevizie, sulle atrocità e sull’impunità dei carnefici durante il terrorismo di Stato argentino consigliamo:
http://rottasudovest.blog.lastampa.it/rotta_a_sud_ovest/2008/01/i-patrioti-dell.html

per un elenco del clero complice della dittatura:
http://www.desaparecidos.org/arg/iglesia/complice/4.html

14 pensieri su “Il crocefisso, lo scettro e la picana

  1. L’assenza del VESCOVO Juan Rodolfo Laise non è stata confermata.
    Ribadiamo quindi la

    PRESENZA SPONTANEA
    DOMENICA 19 OTTOBRE DAVANTI alla CHIESA DI SANTA
    TOSCANA ORE 10.30

    Invitiamo tutta la cittadinanza veronese Domenica 19 ottobre 2008 alle 10,30, davanti alla chiesa di Santa Toscana per manifestare il nostro dissenso per la presenza a Verona di Juan Rodolfo
    Laise, vescovo di San Luis (Argentina).

    Juan Rodolfo Laise, noto in Argentina come Vescovo amico della dittatura militare del generale Videla, celebrerà una messa in rito romano antico. La messa e le cresime
    che seguiranno hanno ricevuto l’autorizzazione del Vescovo di Verona Giuseppe Zenti.

    Cittadine e cittadini antifasciste/i veronesi

  2. IL PRESIDIO ANTIFASCISTA VINCE – IL VESCOVO JUAN RODOLFO LAISE NON
    SARA’ PRESENTE DOMENICA MATTINA ALLA CERIMONIA – PRESIDIO ANNULLATO

    IL
    VESCOVO Juan Rodolfo Laise domani non sarà presente alla cerimonia in
    Santa Toscana: verrà sostituito da altro Vescovo.

    Le pressioni
    delle/degli antifasciste/i non solo veronesi veronesi vincono,
    la Curia
    veronese fa un passo indietro e si smentisce.

    Hanno tentato di far
    passare tutto sotto tono, hanno finto di non sapere che quello
    da loro
    stessi invitato per domenica 19 ottobre in Santa Toscana è stato un
    collaborazionista
    del regime fascista argentino del generale Videla,
    il medesimo regime
    che ha mandato a morte e torturato le opposizioni
    sotto il segno della croce.

    La costante attenzione delle dei
    cittadin* antifascist* non solo veronesi hanno fatto sì che il Vescovo
    Giuseppe Zenti, fosse costretto ad ammettere di non sapere, di non
    avere concesso deleghe per amministrare il sacramento della Cresima.
    Come credere a tanta ingenuità?

    Cittadine e cittadini antifasciste/i,
    non solo veronesi

  3. La Fondazione Lelio e Lisli Basso ISSOCO – Sezione internazionale, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri, Regione Toscana, Università di Firenze, Unione Forense della tutela dei diritti dell’Uomo, Magistratura Democratica, A.S.A.L, partendo dalla riapertura dei processi contro la dittatura in Argentina, intende promuovere un ciclo di tre incontri, a carattere seminariale, sul tema del ruolo che l’informazione, la giustizia e la memoria giocano nello sviluppo democratico di un paese.

    L’idea nasce dalla convinzione che senza giustizia non c’è storia; senza storia non c’è una base condivisa da cui poter intraprende un percorso comune di ricostruzione sociale. Nel quadro di contesti politico-sociali frammentati la funzione della storia come fattore ricompositivo del tessuto civile di un paese assume una centralità specifica e strutturale.

    Quello dei desaparecidos della America Latina rappresenta, da questo punto di vista, un caso emblematico nel quale la lacerazione della memoria collettiva, coniugata con l’assenza di un processo di giudizio nel campo del diritto e di una complessiva rielaborazione storica, si è articolata parallelamente ad una progressiva rimozione civile, prima ed elusione della giustizia e verità poi.

    La convergenza di questi fattori ha finito per comporre un quadro di profonda rottura sociale del tessuto connettivo argentino condizionandone lo sviluppo democratico della vita pubblica e sociale. In questo scenario il fine del progetto è quello di creare momenti di riflessione e sensibilizzazione sugli spunti che la storia dell’Argentina e le connessioni italiane offrono.

    Il seminario che si tiene a Firenze presso l’Aula Magna del Polo delle scienze sociali il 23 Ottobre verterà sul tema della giustizia, come costruttrice di democrazia. Si prefigge di mettere a confronto le azioni giudiziarie che sono state intraprese in Argentina e in Italia. Ora con la riapertura dei processi in Argentina si sono potuti celebrare dei processi contro la giunta militare e coloro che ne fecero parte mentre qualche tempo fa questo avveniva solo in Italia, Spagna e Germania, ed erano, comunque, giudicati solo i reati contro i cittadini, nativi di quel paese. Secondo il CELS, Centro Studi legali e Sociali, in Argentina ci sono 188 cause per crimini contro l’umanità. 874 persone sono imputate in processi penali vincolati con il terrorismo di Stato. Il numero totale delle persone attualmente processate è di 351, il 40% del totale. Di queste, 281 si trovano in detenzione di carattere preventivo. Il resto dei processati, un totale di 70 persone si trova in libertà.

    Introduce: Michele Papa

    Modera: Salvatore Senese

    Processi penali in Argentina: Verità e Giustizia?
    1.Massimo Toschi La via “argentina” verso la ricostruzione della democrazia
    2.Pablo Eiroa Dalla CONADEP alla stagione processuale
    3.Vera Vigevani Jarach Il testimone e la testimonianza: la sopravvivenza per sé e la responsabilità per gli altri

    Giustizia internazionale e nazionale: quale complementarietà?
    1. Emanuela Fronza Giustizia penale sovranazionale e prospettive evolutive alla luce del sistema della Corte penale internazionale
    2.Salvatore Cannata La reale effettività della giustizia penale internazionale: l’esperienza del Tribunale per i crimini commessi nell’ex Jugoslavia
    3.Sophie Thonon Processi in Francia – la scommessa della competenza universale Francia Argentina
    4.Giancarlo Maniga Il Processo Suarez Mason e il processo Esma

    Cooperazione giudiziaria: quali riscontro?
    Modera Donato di Santo
    1.Horacio Verbitsky L’impatto dei processi sulla società argentina
    2. Carlos Mahiques I diritti umani e i principi classici del diritto penale nella esperienza argentina postdittatorial
    4.Daniel Rafecas Delitto di genocidio: dai campi di concentramento ai centri di detenzione
    5.Ana Orbelin L’effettività del procedimento penale. Prospettiva per la protezione dei testimoni
    6.Vito Mazzarelli Presentazione dell’ Osservatorio
    7.Marcos Novaro “Argentina dalla dittatura ad oggi.”

  4. semplicemente vomitevole.
    non si può non esprimere il proprio disgusto in faccia a queste “persone”..

  5. Preti lordi di sangue, complici del genocidio:

    Capellanes militares y policiales EMILIO TEODORO GRASELLI. Capellán Castrense y Secretario Privado de MONS. TORTOLO y MONS. MEDINA. P. ASTIGUETA. Capellán Fuerza Aérea Córdoba. P. ALA. Salesiano. P. ALEJANDRO CACABELLO. Capellán Auxiliar Comando Sanidad del Ejército. P. ARMANDO MONZÓN. Capellán Ser. Cuerpo de Ejercito. P. ASTOLFI. Capellán Militar P. BIAGNOLI. Capellán Fuerza Aérea P. CHRISTIAN VON WERNICH. Capellán Policía Pcia. De Buenos Aires P. DUSSO. P. EUGENIO SEGUNDO ZITELLI. Capellán Jefatura Policía de Rosario. P. FELIPE PERLANDA LÓPEZ. Capellán Servicios Penitenciarios P. FELIX IGNACIO OLMEDO. Capellán Policía Federal P. FRANCISCO PRIORELLO. Capellán Campo de Mayo P. GALLARDO. Capellán III Cuerpo de Ejército Córdoba. (La Perla). P. GUADAGNOLI. Capellán 2º Cuerpo de Ejercito. P. JOSÉ MENESTRINA. Capellán Mayor. P. JULIO MACKINON. Capellán Militar. Córdoba P. MANUEL JORGE CABELLO. Secretario Canciller del Vicariato Castrense. P. ORTIZ P. PEDRO FERNANDEZ. Capellán ESMA. P. REGUEIRO. Capellán Liceo Militar Gral. Paz . Córdoba. Obispos CARDENAL. MONS. RUBÉN DI MONTE. Obispo Auxiliar de Avellaneda. MONS. ADOLFO R. ARANA. Obispo de Santa Rosa. MONS. ADOLFO TÓRTOLO. Obispo de Paraná, Vicario de las FF.AA. y presidente de la CEA. MONS. ANTONIO PLAZA. Obispo de la Plata. MONS. ANTONIO QUARRACINO. Obispo de Avellaneda. Presidente del CELAM. MONS. CARLOS MARIANO PÉREZ. Obispo de Salta MONS. ELSO DESIDERIO COLLINO. Obispo de Lomas de Zamora- MONS. EMILIO OGÑENOVICH. Obispo de Mercedes. MONS. GUILLERMO BOLATTI. Obispo de Rosoario. MONS. HORACIO A. BOZZOLI. Obispo Auxiliar de Buenos Aires y luego Obispo de Tucumán. MONS. IDELFONSO SANSIERRA. Obispo de San Juan. MONS. ITALO DI STÉFANO. Obispo d Roque Saenz Peña y luego Obispo de San Juan . MONS. JORGE CARLOS CARRERAS. Obispo de San Justo. MONS. JORGE MANUEL LÓPEZ. Obispo de Corrientes y luego de Rosario. MONS. JORGE MEYER, Obispo de Bahía Blanca MONS. JOSÉ MIGUEL MEDINA. Vicario Mayor del Ejercito. MONS. JUAN CARLOS ARAMBURU. Arzobispo de Buenos Aires. Cardenal y presidente de la CEA. MONS. JUAN RODOLFO LAISE. Obispo de San Luis.. MONS. MANUEL GUIRAO. Obispo de Orán, Luego de Santiago del Estero. MONS. OCTAVIO N. DERISI. Rector de la UCA y Obispo Auxiliar de La Plata. MONS. PEDRO A. TORRES FARSAS. Obispo de Catamarca. MONS. PIO LAGHI. Italiano. Nuncio Papal. MONS. RAÚL PRIMATESTA. Obispo de Córdoba. MONS. RÓMULO GARÚA. Obispo de Mar del Plata. MONS. VICTORIO BONAMÍN. Vicario del Ejercito TODOS ESTOS FUERON GENOCIDAS DE NUESTRO PUEBLO.

  6. io mi domando, nella scale dell’aberrazione, quale gradino in basso deve toccare Verona per essere seriamente e divinamente punita da una pioggia di fuoco e meteoriti?

  7. PRESENZA SPONTANEA
    DOMENICA 19 OTTOBRE DAVANTI alla CHIESA DI SANTA
    TOSCANA ORE 10.30

    Invitiamo tutta la cittadinanza veronese Domenica 19 ottobre 2008 alle 10,30, davanti alla chiesa di Santa Toscana per manifestare il nostro dissenso per la presenza a Verona di Juan Rodolfo
    Laise, vescovo di San Luis (Argentina).

    Juan Rodolfo Laise, noto in Argentina come Vescovo amico della dittatura militare del generale Videla, celebrerà una messa in rito romano antico. La messa e le cresime
    che seguiranno hanno ricevuto l’autorizzazione del Vescovo di Verona Giuseppe Zenti.

    Cittadine e cittadini antifasciste/i veronesi

  8. organizziamoci davvero, non permettiamo a nessuno di dimenticare che cosa ha fatto nell’argentina dei dittatori assassini. domenica a che ora inizia? tutti fuori con cartelli tipo: “Los treinta mil están aquí” o ” el pueblo condenará a los asesinos”. non dimentichiamo, non perdoniamo

  9. Giusto, Daria. Che si smuovano un po’ gli intorpiditi culi veronesi per una volta. Qua si è passato il limite dell’umana decenza!

  10. C’è qualche sit-in a riguardo?
    L’idea di rompere loro le scatole non sarebbe così malvagia…..Organizziamoci dai….

  11. Meno male che qualcuno parla… ma forse oltre a parlare sarebbe il caso di farla sentire a Santa Toscana la voce dei verenesi non collusi con ‘sti criminali!!

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