La fattoria degli animaletti

dal nostro inviato Sergio Spuri

Mercoledì 14 maggio, nel prestigioso edificio, non a caso chiamato Gran GUARDIA, della fattoria veronese, s’è svolta una conferenza, organizzata dai Giovani Cuccioli Veronesi e dal Fattore, che aveva lo scopo di stabilire se i nostrani cani da guardia della democrazia siano liberi di abbaiare al potere o se invece siano da esso addomesticati. Domanda retorica, come ha sottolineato qualcuno, ma è stato ancora più esilarante che a dibatterne siano stati i cani da guardia stessi… Un po’ come se, in un processo, gli imputati fossero liberi di giudicarsi o, esagerando, come se i giornalisti veronesi animassero una conferenza dal titolo “Libertà di stampa o notizia addomesticata?”.


Lo spettacolo, a dire il vero, comincia ben prima dell’inizio dei lavori quando, alla spicciolata, arrivano i cani di ogni razza. Entrano, si annusano, osservano il territorio e gli altri animali presenti e infine si fanno le feste quando capiscono di essere, tutto sommato, a casa. Ci sono i cani di vecchia data che indirizzano i cuccioli verso le persone, pardon i cani giusti cui presentarsi (“l’è quel là co la giacheta maron, và, scolteme mi…”), ci son pacche sulle spalle, larghi sorrisi ma è quando arriva il Fattore dal Ghigno Feroce a benedire la serata che tutte le code iniziano a scodinzolare così velocemente che si potrebbe spegnere l’aria condizionata.
Singolare pure la scelta del moderatore, un redattore della rivista ossimorica Libero Col Guinzaglio, un cane veronese che ce l’ha fatta, passato dall’angusto e provinciale cortile cittadino a quello che, in un impeto di piacevole modestia e calorosa simpatia, ha definito “la ristretta cerchia dei giornalisti di Milano e Roma”. Insomma, per farla breve, come se ad arbitrare la Juve ci fosse stato l’arbitro Wurz o come, ma esagero, se a moderare avessero chiamato un redattore di Libero in una città di destra come Verona.
A parziale giustificazione della cosa la segnalazione che Libero Col Guinzaglio è considerato un ottimo incartamento delle uova soprattutto nelle province, pardon, nelle fattorie di Verona e Bergamo. E già questo basterebbe a terminare il report qui, non fosse altro che per le divertenti conclusioni cui s’è giunti dopo un logorante lavorìo celebrale.
La prima parte della conferenza è stata monopolizzata dal recente fatto di cronaca che ha sconvolto la fattoria e che ancora ci turba: l’accanimento con il quale la stampa nazionale ha soffocato il cortile. E’ chiaro: non si può compiere alcunché di grave, di disumano e di pazzesco che subito i cani di tutti Italia si accaniscono sulla nostra povera fattoria che invece è pulita, profumata, ordinata e pacifica.
Meno male però che, come affermato da alcuni cani da compagnia con alcune lodevoli eccezioni, che la stampa veronese, pardon, la cucciolata veronese, ha saputo “fare quadrato” per difender l’onorabilità del gregge locale.
Ma è con il secondo giro di interventi che la cagnara ha dato il meglio di sé e cioè quando si è entrati nel vivo della questione e ci si è chiesti la situazione della stampa, e daghela con sti lapsus frueudiani, del canile veronese. L’assoluzione, pardon, la conclusione, è stata che nel nostro bel cortile la cagnara è pluralista per il semplice fatto che esistono numerosi branchi di cani. Come dire che gli omini blu del calcetto sono pluralisti solo perché sono in 11. Tanti, certo, ma tutti quanti, chi più e chi meno, bravi ad abbaiare contro quelli che vengono da oltre cortile e, al contrario, buoni e mansueti con il Fattore, con la sua Famiglia e con il Pastore.
Perché la diversità in effetti c’è, a saperla cercare. Voglio dire, si va, ad esempio, da chi ha trascorsi nella Liga el Musso A La Stala a chi si posiziona all’estrema destra del cortile (lì vicino al pollaio, dove lavorano quelli di Forza Uova) ringhiando ferocemente ad ogni animale diverso, passando per chi è stato consigliere della Lega del Recinto Nord della Fattoria, fino a cani che, geneticamente, sono sempre stati sensibili alle vicende della Casa Padronale Barbieri qualunque fosse l’inquilino di turno. E se, come ora, il Fattore è quello col Ghigno Feroce, beh, cosa cambia?
Il bello è che anche immaginando inesistenti diversità ideologiche (a Verona l’unica cosa di sinistra è la corsia di sorpasso sulla transpolesana), tutto risulterebbe ancora più assurdo se non considerassimo che, per quante siano le testate veronesi, quelle tre che hanno la possibilità di trasmettere dalla tv e di vendere numerose copie in edicola, possono influenzare l’opinione pubblica molto più di tutte le altre messe insieme.

Perché il problema di una fattoria così piccola è che anche quei cani che vorrebbero abbaiare al potere quando questo sbaglia, si trovano in molte occasioni a dover ingraziarsi il Fattore perché altrimenti vivrebbero una vera e propria vita da cani. Non perché quest’ultimo li bastonerebbe ma perché quand’anche poi ti vedesse partirebbe prevenuto e ci penserebbe due volte prima di parlar con te e rilasciarti l’intervista, pardon l’osso. Perché, tanto, di cani più cattivi e feroci del Fattore dal Ghigno Feroce ce ne sono. Cani che ringhiano da dietro le porte della fattoria a tutti gli altri animali che son diversi da loro, splendidi esemplari della Voce del Padrone che abbaiano più forte per evitare che si possano sentire le anatre o le voci.
E infatti, a mettere una pietra tombale dell’assurdità sul buon senso, verso la fine del dibattito è intervenuto l’inserviente che ogni giorno regala un osso ai cani del cortile. Come se intervenisse, giusto per capirci, il capo ufficio stampa del sindaco, ecco.
Ma a quel punto, come quando la partita è sul 5-0 e manca poco alla fine, era diventato ormai chiaro che la vera questione del dibattito non era più (ammesso che lo sia mai stata) sulla libertà di azione dei cani guardiani del potere ma definitivamente su chi avesse il guinzaglio più bello o più lungo.
Uscendo e lasciando i cani a farsi le feste per la riuscita della serata e per lo scampato pericolo vien da pensare che, certo, non siano molti i canili veramente liberi e che il cane che abbaia a tutti non esiste (quello che non abbaia a nessuno sì, ma è un altro discorso). Però se tutti prendono l’osso dallo stesso padrone che, invece, dovrebbero controllare, se nessuno osa abbaiare fuori dal coro, se gli ululati sono solo rivolti al mondo esterno e mai all’interno, la democrazia del cortile, che i cani dovrebbero difendere, rischia di cadere sotto i colpi della demagogia dei forti o dell’odioso “L’è na vergogna” della Siora Maria.
E se esistesse un canile con dei cani che sapessero abbaiare anche in faccia al padrone, ricordandogli i suoi doveri e richiamandolo quando sbaglia, ne guadagnerebbe anche il padrone stesso.
Ma a quel punto, se anche tutto il mondo al di là delle porte della fattoria fosse lì alla finestra ad attendere la nuova cosa di cui vergognarci, rischieremmo di renderci conto che tutto ciò potrebbe essere uno stimolo per migliorarci e per evitarlo. Ma per fortuna che ci sono gli ululati alla luna che ci impediscono di pensarlo.
Bau.