Però, c’è un però

 

Dunque, andiamo con ordine.
Slandròn Migliornazi è un fascista. Lo diciamo perché siamo certi che lui non se la prenderà affatto. Anzi, ha avuto modo di ribadire recentemente che di quell’epiteto va fiero (quando nella fiction di fantapolitica “Tosiland” recitava nel ruolo di co-protagonista come futuro rappresentante del Comune all’Istituto per la storia della Resistenza, ops… pardòn Slandròn, della resistenza).
Quindi, insomma, Slandròn Migliornazi è un fascista. Dichiarato, convinto e contento di esserlo. Buon per lui, ognuno ha la fierezza che si merita. Però c’è un però. Slandròn è un fascista della peggior risma, cioè di quelli lamentosi, pieni di acredine per le pedate nel culo prese, che si lagnano per essere finiti ingiustamente nella pattumiera della storia eccetera eccetera, e assolutamente convinto di essere vittima di un complotto giudaico-massonico. Incarnato nei giudici. Che lo perseguitano. Che non lo lasciano in pace.
Lui è lì che suona insieme agli amici con il suo complesso parrocchiale Gesta Bellica ed ecco che vengono a togliergli la corrente. Gli fanno i dispetti a Slandròn, il fascista. E lui giustamente giusto, s’inalbera. E se la prende con la magistratura bolscevica.
A noi che al fascista Slandròn ci dicano su, o che lo ingabbino perché istiga alla violenza e all’odio razziale, ci fa un po’ di tenerezza, ecco. Anche perché adesso si è tutto ripulito, c’ha la cravattina da persona educata e fa di mestiere il consigliere comunale.
Anzi, IL Consigliere Comunale, che lui con la lista Tosi ha preso più voti di tutti quanti: infatti l’ultranazionalista Slandròn “ma io son camicia nera, la mia patria è la mia bandiera” si è alleato con chi scaracchia sulla sua bandiera a ogni piè sospinto, facendolo vincere (una cosa però in comune ce l’hanno: sono stati entrambi un po’ tacciati di istigare all’odio razziale). Insomma, smettetela di avercela con Slandròn il fascista solo perché è fascista.
Anche quella volta che è stato il mandante insieme ad altri amici pelati di due aggressioni nei pressi dello stadio, il 28 agosto 1995 e il 13 luglio 1996, che dovevano punire dei pelati però comunisti, beh vabbè, mica ci è scappato il morto.
Così come basta prendersela con i suoi amici veneti, fronti e skinheads. Quelli che davanti alle telecamere hanno l’arguzia di dire «tante delle nostre idee guida appartenevano anche al nazionalsocialismo» (se la memoria non inganna, era la dichiarazione di un noto commerciante tricolore e tricoprivo. Bottegaio, ma anche amico di Slandròn, che ci suonava pure insieme nei Gesta Bellica le hit sulla lotta per la supremazia bianca).
Che bei tempi, Slandròn, quando fascista lo eri e lo gridavi, che adesso lo sei uguale ma ti tocca stare in cravattina e scodinzolare a chi scaracchia sul tricolore…
Però, c’è un però.
Come quando il giorno dopo le ultime elezioni sono comparse – a pochi metri dagli striscioni firmati Slandròn affissi nella notte, in cui ringraziavi chi ti aveva votato – scritte sui muri come “Juden raus!” con svastica annessa e tu hai commentato: «Quando ho visto quelle scritte con il mio nome sui tabelloni elettorali ho pensato all’opera di qualche mattacchione ed ho sorriso».
E a chi ti chiedeva delle scritte antisemite attigue hai risposto «Sono antistoriche e stupide. Non le ho mai approvate e non comincio ora».

Dààààààài, Slandròn! Che hai vinto! Dàààài, sbilanciati! Dài, tutti insieme, cantiamo una hit del tuo gruppo.
Un, due, tre:

Tu ebreo maledetto / che ti arricchisci sulla pelle degli altri / che speculi sulla gente / sulla gente che non ha niente. / Giudeo senza patria / e con un solo credo il dio denaro / trovarti è stata dura / ma coi tuoi soldi non fai più paura. / Tu vigliacco drogato / senza futuro sei già un fallito; / per una dose vai a rubare / tossico schifoso devi morire! / Con te la vita è stata dura / così ne hai fatto spazzatura; / passo incerto sguardo annebbiato / finalmente il tuo momento è arrivato! / Tu rosso compagno / di negri, immigrati compare degno / rossa bandiera con falce e martello / pugno chiuso e in bocca uno spinello. / Il tuo sogno è già fallito / e tu non l’hai ancora capito. / E anche per te vigliacco e senza onore / è giunta l’ora della nostra rabbia“.

Quante braccia tese a te rivolte sul palco, ricordi che momenti felici?
Scusa Slandròn, fascista convinto, ma nel ruolo del ligio e garantista che vuole “ripristinare le regole” (ma quali, quelle del ventennio?), che chiede a prefetto e questore di intervenire per stanare chi adotta la violenza come strumento politico e che s’indigna acciocché si indaghi più alacremente sulle aggressioni… scusa Slandròn ma proprio non ti ci vediamo.
Lascia che ti diciamo allora una cosa. Continua a voler bene al duce e alla razza bianca.
Ma almeno slacciati quella cravattina. Che fai ridere.

2 thoughts on “Però, c’è un però

  1. ansa: “Chi mi conosce sa che sono alieno da ogni forma di prepotenza sia verbale che fisica e non mi permetterei mai, anche quando un giornale scrive cose che non condivido, di fare alcunche’ di diverso da una lettera di precisazioni, nel pieno rispetto della liberta’ di ciascun giornalista (…) Mi scuso anche con Tosi – conclude – trascinato ancora una volta nelle polemiche per causa mia”

    quando la fa fuori dal vasino, il cagnolino continua a scodinzolare.

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