Adieu Pearà, il libro

In un domani ormai alle porte, le memorie di un uomo in crisi con i suoi simili che non riesce più a riconoscere l’ambiente circostante. Romanzo di fantascienza sociale, venato di umorismo e fascino per il grottesco, Adieu pearà gioca con le paure e le ansie della nostra società proiettate nel 2029, in una polverosa Verona ipertrofica e anabolizzata, troppo vicina e troppo lontana per non essere facilmente confusa con una qualsiasi città del Nordest di oggi.
E mentre ossessioni securitarie e identitarie alimentano la paranoia – dividendo la popolazione in paradossali opposte fazioni – tra la nebbia che avvolge le vie e le coscienze si intravede un barlume di folle speranza: un misterioso gruppo clandestino sta cospirando nell’ombra…
Chiunque legga queste stralunate cronache si ritroverà coinvolto suo malgrado nel risibile dramma di Giulio, sarà colto da un inspiegabile, irresistibile, patetico desiderio di indossare una barba finta e uscire per le strade, stringendo nel pugno un pomodoro.

Giulio Meazza non ha lasciato alcuna traccia. Sul vero nome azzardammo molte ipotesi, ma nessuna più valida delle altre. Stando a quanto lui stesso ci riferisce nei pochi cenni biografici all’inizio delle sue memorie, è nato a Verona, presumibilmente attorno alla fine del secolo scorso. Si è brillantemente laureato in lettere antiche a Milano e dopo una breve e infelice carriera universitaria lo ritroviamo a Torino, impiegato presso una Grande Compagnia. Torna a Verona.
Poi, di lui non si sa più nulla. Le sue strazianti memorie ci sono state consegnate, molti anni dopo i fatti narrati, microgrammate su un singolo foglio A4 da un uomo col volto mascherato, senza spiegazioni, una mattina d’autunno.

Giulio Meazza
ADIEU PEARÀ
Memorie future dalle ombre di Verona
pp. 208,  BFS edizioni, 2011
ISBN 978-88-89413-51-7

http://www.bfs.it/edizioni/

Introduzione
di Mario Venezian

Sono almeno due gli elementi di rilievo di questo romanzo: la figura del protagonista e l’invenzione dello scenario in cui si dipana la trama. Giulio è un perfetto eroe del nostro tempo, nel senso che è un antieroe, un uomo senza qualità. Nonostante la sua sensibilità  presenti qualche residuo umanistico, ha da tempo abbandonato l’illusione di qualsiasi magnifica sorte progressiva, è tornato nella sua città natale Verona per ragioni familiari, lasciandosi alle spalle un lavoro e un amore piuttosto logoro; però di un lavoro ha bisogno, altrimenti potrebbe diventare un emulo di Oblomov radicato a un divano.
Giornalista precario, al quale non riesce mai di fare la cosa giusta, tra irritante indeterminatezza e comicità involontaria, subisce gradatamente un impatto traumatico con una città piuttosto tras-deformata (l’azione si svolge nei prossimi decenni). Se all’epoca dell’indimenticabile sindaco Tosi, Verona aveva conosciuto una compattezza politica per far fronte all’invasiva manodopera straniera, ora africani, islamici, slavi, zingari, al pari degli investitori, sono emigrati in massa verso i nuovi mercati affluenti cinesi e indiani. Rimangono le panchine con la sbarra in mezzo per impedirne l’uso a giaciglio, ma la città è svuotata, spettrale la sera, perlustrata da minacciose ronde armate.
Il potere, si sa, ha bisogno di un nemico per governare e, all’occorrenza, lo si inventa, come ci ha raccontato Umberto Eco. E non si vuole certo rovinare la sorpresa del lettore nel rivelare come l’autore abbia saputo rinverdire il gioco aspro delle fazioni in una città che ha visto già in azione i Montecchi e i Capuleti e l’Hellas Verona e il Chievo. Qui la pagina sembra fare ricorso al più espressivo immaginario pittorico, quando irrompono sulla scena quelli de L’ombroso, la tardo-goliardica compagnia degli amici ritrovati di Giulio, i “resistenti” mascherati, come usciti da una tela di Ensor.
Adieu pearà è uno di quei romanzi che, in maniera più efficace di un saggio, ci dà una rappresentazione di un nostro futuro prossimo a cui le coloriture di fantasia che virano nel grottesco nulla tolgono quanto ad attendibilità. Anzi. Merito forse dei tempi che stiamo vivendo, in cui il degrado di ogni specie, lungi dal provocare indignazione morale, diventa sistema, spettacolo.